Concorso
La nuova pellicola del regista di “Requiem for a dream” descrive un’appassionata storia d’amore che si svolge nell’arco di tre epoche diverse. È una riflessione sull’importanza della vita e sull’accettazione dell’immortalità. In concorso a Venezia 63.
Più che delle risposte il film sembra sollevare importanti quesiti. La morte ci rende umani? Se riuscissimo a vivere per sempre, perderemmo la nostra umanità? Ciascuna di queste domande non trova una sufficiente risposta. E’ probabile che la “missione” della pellicola sia più quella di suscistare dubbi o vuoti che lo spettattore deve riempire a proprio modo. Il fatto che la storia si dipani nell’arco di periodi temporali diversi accresce in chi guarda una sorta di mistica speranza verso i misteri legati alla vita e alla morte.
La struttura narrativa, fatta a scatole cinesi, solo all’apparenza complica l’intreccio della storia. Il continuo intersecarsi tra passato, presente e futuro, in realtà, è funzionale a sedimentare delle costanti narrative o dei semplici segni che facilitano lo scioglimento della vicenda narrata e del pensiero-base sottostante alla trama. In secondo luogo, questo espediente facilita la caratterizzazione dei due personaggi principali. Il sedicesimo, ventunesimo e ventiseiesimo secolo contribuiscono a far uscire una parte del loro carattere. Per dar vita ai tre mondi, il cineasta si è avvalso di un gruppo di tecnici molto preparato. La storia e le possibilità narrative dell’argomento trattato richiedevano, fin dall’inizio, un forte impatto visivo che è stato realizzato attraverso l’uso di colori ben definiti.
Per Aronofsky la principale sfida è stata raccontare la storia di un uomo che non è in grado di accettare il proprio destino e quello delle persone che ama. Tentare di dipingere sul grande schermo le debolezze dell’uomo di fronte ai propri limiti potrebbe apparire presuntuoso ed eccessivo. In realtà, i buchi del film risiedono non tanto in questo coraggioso sforzo quanto nei momenti in cui l’estetica di The Fountain, unita a uno scritto (non sempre galleggiante), vogliono strutturare una sorta di pamphlet spiritual-mistico molto più in linea con i codici visivi di uno spot pubblicitario o di un clip musicale. Non possiamo negare che la spiritualità rivesta nel film un’importanza fondamentale, ma le modalità con cui il tema viene trattato lascia forti perplessità e dubbi.
Nessun richiamo o strizzatina maliziosa verso una fede religiosa in particolare come se tutto dovesse, di per sé, assumere una veste magica. In realtà, forti ci paiono essere, invece, i riferimenti verso la Bibbia, precetti buddisti e credenze di vecchi popoli come i Maya o gli Inca. La volontà di affrontare tematiche universali come la vita, la morte e il mistero dell’immortalità si rivelano più facili esche che reali propositi. Questa furberia velata danneggia fortemente la credibilità dell’opera che raramente decolla, nonostante le buone interpretazioni di Hugh Jackman, Rachel Weisz ed Ellen Burstyn.
Titolo originale: The fountain
Nazione: U.S.A.
Anno: 2006
Genere: Drammatico, Romantico
Durata: 96′
Regia: Darren Aronofsky
Sito ufficiale: pdl.warnerbros.com/wbmovies/…
Cast: Hugh Jackman, Rachel Weisz, Marcello Bezina, Alexander Bisping, Ellen Burstyn, Cliff Curtis, Sean Gullette, Mark Margolis, Sean Patrick Thomas
Produzione: Warner Bros. Pictures, Regency Enterprises, Epsilon Motion Pictures
Distribuzione: 20th Century Fox
Data di uscita: Venezia 2006
24 Novembre 2006 (cinema)