Tre giorni di stage molto intensi nelle stanze del Castrum di Serravalle (Vittorio Veneto).
Un paesaggio stupendo e una stanza piena di quadri rappresentanti rane colorate.
Dodici persone delle più diverse età e un comun denominatore: l’amore per la narrazione.
Che si trattasse di parabole, fiabe, testimonianze, dicerie o storie cantate, l’insegnante Laura Curino ha saputo essere un ottimo cicerone nel mondo affascinante del raccontare.
Con ritmo, sagacia e molto umorismo, è riuscita fin dal primo giorno a tirare fuori il meglio da ciascun partecipante. Seguendo un vero e proprio metodo socratico, ha continuato a tempestare i corsisti di domande, assetata di descrizioni evocative, che fossero sentite, mai scontate né retoriche.
Tre giorni per conquistare i suoi alunni, e portarli alla ricerca di un proprio stile, avendo messo in chiaro da subito che lei avrebbe presentato solo il suo modo di narrare e non il metodo assoluto (che, infatti, “non esiste”). Sullo sfondo, la magnifica atmosfera creata dal castello di Serravalle, che unisce comodità e fascino, modernità e antichità, proprio come la narrazione, che pur affondando le radici nella tradizione si deve rinnovare continuamente.
Al termine di questi tre giorni, i corsisti hanno seguito lo spettacolo della signora Curino, “Passione”, avendo modo di vedere messi in pratica tutti i consigli da lei espressi.
Uno spettacolo coinvolgente, scorrevole e molto ricco, che dipinge una Torino degli anni Settanta, coperta dalla nebbia e dai fumi malsani delle fabbriche. Una Torino in cui una piccola bambina di campagna, Curino Laura, vede stravolta la propria infanzia, e ripete continuamente “Non ci volevo venire!”. I mesi passano, la piccola cresce e l’adolescenza la trasforma in una “rana”, più larga che alta! Ed è infatti con l’appellativo di “Rana” che si rivolgono a lei i più strani personaggi. Veneti, piemontesi, napoletani, siciliani, brasiliani e poi ancora maestre, ex governanti abbandonate in case pericolanti, donne svampite, zitelle… Tutte queste figure emergono dal nulla e attraverso i gesti precisi e sicuri di Laura Curino si imprimono nell’immaginario degli spettatori con una comicità che lascia però un retrogusto amaro.
Maestra nel catturare l’attenzione del suo pubblico senza mollarla mai, l’attrice dedica un’intera scena dello spettacolo all’improvvisazione. Scende dal palco e, con la voce di uno dei suoi personaggi, comincia ad aggirarsi tra gli spettatori, interrogandoli, commentando i loro vestiti, i loro gioielli, personalizzando l’evento.
Con fluidità, questa situazione ha condotto al racconto del primo spettacolo visto dalla piccola Laura, alla Casa del popolo del suo quartiere. In scena c’era Dario Fo. E’ una folgorazione: da allora per lei la recitazione diventa anche la via per la salvezza.
Attraverso la narrazione anche le esperienze negative assumono un senso nuovo, in quanto vita che si manifesta e che merita di essere raccontata. Questo principio l’ha accompagnata anche nei sui altri numerosi spettacoli, tra cui “Olivetti” del 1996, “Adriano Olivetti” del 1998, “Macbeth Concerto” del 2001 da W. Shakespeare per cui ha curato la traduzione, “L’età dell’oro” del 2002.
A coronamento dei suoi successi con il pubblico, nel 1998 ha ricevuto dall’Associazione Nazionale Critici di Teatro il premio della critica come migliore attrice, e nel 2003 ha vinto il premio Hystrio alla drammaturgia.