Il Nuovo Teatro Nuovo di Napoli affida l’inaugurazione della stagione teatrale 2006/2007, prevista per martedi’ 10 ottobre alle ore 21.00 in prima nazionale, ad Arturo Cirillo, regista ed interprete de ”Le cinque rose di Jennifer” di Annibale Ruccello, un testo di culto che viene periodicamente riproposto da varie compagnie.
Ambientato nei primi anni Ottanta, nell’appartamento di un travestito napoletano, Jennifer, che vive in un quartiere degradato di periferia, insegue disperatamente un misero sogno d’amore e apprende dalla radio di un maniaco che uccide ragazze come lei, lo spettacolo racconta, in un crescendo emotivo da giallo, un dolente spaccato di solitudine.
La protagonista, sospesa tra ciò che è e ciò che invece vorrebbe essere, alterna vari stati d’animo: ascolta e canticchia allegramente canzonette alla radio, mentre attende inquieta una telefonata che non arriverà, ma poi, disperata, si strugge di dolore sulle note di “Ancora ancora ancora” di Mina quando, calata la sera, capisce che l’amato Franco, un ingegnere del Nord conosciuto mesi prima in discoteca, anche quel giorno non verrà a trovarla, venendo meno alla sua promessa.
Tutta l’azione si svolge in una sorta di scatola floreale decorata in modo ossessivamente femminile e decisamente kitsch, collocata al centro del palcoscenico. Gli unici contatti con l’esterno avvengono tramite il telefono (che suona sempre per sbaglio) e la radio. Il mondo di fuori, in qualche modo, non esiste veramente: il quartiere è una realtà che il pubblico può solo intuire, nessun volto amico attraversa la scena, nessuna concretizzazione della minaccia che incombe su di lei è effettivamente visibile. «Anche l’assassino – dice Cirillo- è, in fondo, la materializzazione della sua angoscia».
La prima parte è leggera e divertente, ma le continue telefonate e i notiziari radiofonici sulle vittime del fantomatico maniaco accrescono l’ansia, che si acuirà drammaticamente dopo l’ingresso in scena di un altro travestito, Anna, ambigua ed inquietante vicina, che scaricherà addosso a Jennifer altre angosce, altri dolori, altre solitudini.
Anna rappresenta l’alter ego della protagonista e sul finale le due si scambieranno i ruoli, in una sorta di transfer emotivo da un personaggio all’altro. L’interpretazione rigida di Monica Piseddu (costretta a recitare in un dialetto per lei vistosamente innaturale), tuttavia, affatica un po’ la resa scenica: un maggiore affiatamento tra i due protagonisti avrebbe senz’altro giovato allo spettacolo ed evitato alcuni momenti di scollamento.
Raccogliere l’eredità di Ruccello non è impresa facile, questo va detto a onor di Cirillo, che ci regala comunque un’interpretazione superlativa. E Jennifer rappresenta una “prova del fuoco”, perché, per molti versi, è il personaggio che meglio riflette il suo autore: «Non è un caso che Annibale non l’abbia mai affidato ad altri attori. – dichiara il regista – Per quanto mi riguarda, pur non attualizzando il personaggio ed il contesto, vi ho ricercato quegli aspetti per me più interessanti. Su tutti la conflittualità paradossale fra quantità di comunicazione e solitudine. In proposito “Le cinque rose” sono quasi profetiche, individuando il rapporto proporzionale fra i messaggi che riceviamo dall’esterno ed il diaframma che ci separa dagli altri. Quella di Jennifer è una solitudine rumorosa, accompagnata dal frastuono della radio accesa, ma non meno dolorosa di quelle più intimiste e silenziose del passato».
di Annibale Ruccello
con Arturo Cirillo e Monica Piseddu
regia di Arturo Cirillo
scene di Massimo Bellando Randone
costumi di Gianluca Falaschi
disegno luci di Pasquale Mari
la musica originale di Francesco De Melis
Produzione Nuovo Teatro Nuovo di Napoli