Un ritratto fresco e godibile di un reparto medico di soldati italiani durante la guerra mussoliniana in Libia. La guerra ne è il palco, il deserto la cornice, per una ambientazione storica che nel mercato italiano e internazionale riesce spesso a convincere il pubblico. Ne esce un film di grande respiro, che amalgama una storia corale con un’ottima fotografia, interpretazioni ispirate e travolgenti con una regia pungente, amara e ironica. Firmata da un giovane regista di novant’anni.
Deserto libico, estate 1940. Un reparto di una sezione sanità dell’esercito italiano ha da poco costituito un campo per la cura dei feriti provenienti dai vicini massacri di conquista coloniale africana. La vita nel campo appare lontana dalla barbarie di una guerra che non tarderà a colpire anche chi con la guerra non ha mai avuto nulla a che spartire, se non alcuni inutili gradi su una giacca.
Rare rose del deserto, pietre che nascono dalla sabbia come uomini pacifici che nascono dalla guerra. Giorgio Pasotti si prodiga con impegno nel disegnare il giovane medico animato dalla curiosità, intento nell’immortalare ogni angolo del luogo “stuprato” dalla colonizzazione con una Leica; ma a rubarsi alternativamente la scena ci pensano i veterani e istrioni Michele Placido und Alessandro Haber, che disegnano due personaggi difficili da scordare, estremi nella loro semplicità, umani e umanisti, capaci di provare pietà e animati da una forza spesso più grande di loro. Il frate domenicano interpretato da Placido, che sembra un francescano per via del saio troppo sporco, risulta una piccola perla nell’ostrica, mentre l’attore bolognese si cuce addosso un personaggio animato dall’innocenza tipica del pacifico e da una gentilezza chapliniana, perennemente intento a scrivere alla moglie fedifraga e perfetto fulcro comico, grazie ai suoi continui tormentoni, nel finale comunque eccessivi come quantità. Per il bene che ti voglio il più gettonato.
Il lato più nascosto, meno violento e i contrasti anche ironici che fanno parte di una guerra sono insiti nell’immaginario e nei ricordi di Monicelli, che ha diretto e co-sceneggiato Le rose del deserto (con l’aiuto di due sceneggiatori provenienti dalla televisione), con la mano del navigato creatore di capolavori e la freschezza e la forza motrice di un esordiente, perfetto burattinaio di personaggi variegati e divertenti, in un panorama di morte e distruzione che si avverte comunque sempre presente. Su tutti, il corpo comico e l’interpretazione sopra le righe del cinico comandante da parte di un ispirato Tatti Sanguineti, che piomba nelle scene come passeggero di un piccolo side-car e che Monicelli riprende con sapienza brechtiana ed effetto slapstick in immagini velocizzate.
Senza intenti didascalici, storici o analitici, Monicelli ha creato una piccola favola con immagini in movimento, privando il racconto di morbosità belliche, di eccessivi realismi militari, pitturando con precisi colpi di pennello situazioni minimali che hanno il respiro di un’epica amaramente ironica.
Un microcosmo animato da personaggi che si ergono a piccoli paradigmi del soldato, dell’italiano, dell’uomo, personaggi ben descritti e riconoscibili, pur stilizzati, nel colorato e sottilmente evocativo manifesto illustrato da Chiara Rapaccini. Come nella bidimensionalità dello schermo, anche nel disegno il cielo si confonde con la sabbia del deserto, come a rendere il mondo un tutt’uno, la gobba rovesciata e rovesciabile di un cammello. La fotografia di Saverio Guarna, che per certi versi rimanda all’Irak di Jarhead, rende al meglio il deserto come un non-luogo, sorta di limbo delle umane azioni e palco spoglio di una rappresentazione irreale: il bianco “sparato” del cielo e della sabbia si amalgamano in una osmosi continua, le stelle fanno da contraltare cosmico alla rarità delle rose del deserto. Ci accodiamo al tormentone di Non ci resta che piangere. Grazie Mario.
Le rose del deserto
Paese: Italia
Anno: 2006
Durata: 102 min.
Genere: storico
Sito internet: www.lunarossacinema.it
Regia: Mario Monicelli
Sceneggiatura: Mario Monicelli, Alessandro Bencivenni, Domenico Sverni
Soggetto: liberamente tratto dal romanzo di Mario Tubino Il deserto della Libia e dal brano Il soldato Sanna tratto dall’opera Guerra di Albania di Giancarlo Fusco
Fotografia: Saverio Guarna
Montaggio: Bruno Sarandrea
Musiche: Paolo Dossena, Mino Freda
Scenografia: Lorenzo Baraldi
Cast: Alessandro Haber, Michele Placido, Giorgio Pasotti, Tatti Sanguineti, Fulvio Falzarano, Claudio Bigagli, Moran Atias, Flavio Pistilli
Produttori: Mauro Berardi per Luna Rossa Cinematografica
Distribuzione: Mikado Film
Uscita: 1 Dicembre 2006 (cinema)