“LO STATO DELLE ANIME “di Giorgio Todde

Il giallo della città fossile

Ad Abinei, una cittadina sarda d’altri tempi, il tempo sembra non avervi mai messo piede; mummificata dall’arretratezza della popolazione ancora barbara, essa appare totalmente identica a se stessa da secoli e secoli. Ma ad Abinei non solo le mura e le menti sono fatte di pietra, anche il numero di abitanti è rimasto inalterato e lo stato delle anime registra sempre la stessa cifra: 808. In questo presepe vivente un serial killer rappresenta una minaccia in più per una popolazione già vessata da banditi di ogni sorta, ma per Efisio Marini, scienziato e amico del medico di paese Dehonis, rappresenta un’interessante e nuova sfida per la sua straordinaria arguzia e intelligenza.

1893. E’ l’anno in cui Crispi, ritornato al governo dello Stato italiano per la seconda volta, proclama lo stato d’assedio in Sicilia e soffoca con il sangue i movimenti popolari dei Fasci; è l’anno dello scoppio della follia xenofoba da parte degli operai francesi delle saline di Peccais ad Aigues Mortes, che provocò decine di morti e centinaia di feriti tra i lavoratori italiani. Questi episodi esemplificano la condizione di miseria in cui versavano le campagne e i lavoratori italiani di fine Ottocento ma ad Abinei, paesino cinto dalla roccia ostile e da nodose querce secolari, la Storia sembra non avervi mai fatto ingresso… e non solo per il fatto che questa cittadina del Cagliaritano è frutto della fantasia di Todde.

Nell’obliata Abinei il tempo non scorre più, sembra quasi che non lo avesse mai fatto. Il tempo è diventato statico e ha preso le sembianze della roccia rossa e impervia dell’entroterra isolano, dei ruscelli limpidi e dei volti legnosi, ruvidi e ossuti delle 808 anime che popolano questo paesino che sino a pochi secoli prima non conosceva nemmeno il timor di Dio; un luogo in cui suoi abitanti, pagani e arretrati, vivevano nel brullo entroterra sardo, dove ancora le donne partorivano in piedi come gli animali e gli uomini uccidevano altri uomini con la freddezza e la facilità con cui si macella una bestia. 808, un palindromo numerico che ricalca l’andamento ciclico di un tempo che anche letto alla rovescia è sempre identico al suo principio.

In questo mondo senza ragione solo una dura legge matematica scandisce inesorabile la dura vita di questa comunità: il numero degli abitanti non è mai variato, nemmeno di un solo concittadino secondo lo stato delle anime (ossia il registro dei parrocchiani) tenuto aggiornato dal diacono del paese e dalla controcorrente ostetrica del villaggio. Secondo Don Cavili è la volontà di Dio che rende possibile quest’inspiegabile circostanza e fintantoché una nascita o una morte non alteri questo delicato equilibrio la vita ad Abinei può proseguire serena e senza pericoli; secondo il medico del paese Dehonis, invece, una singolare circostanza dovuta al caso sta alla base di questo innaturale equilibrio. Un equilibro così eccezionale la cui forza sembra trovare una nuova conferma, quasi un elemento ordinatore, nella follia omicida di un serial killer che ha dato inizio a una serie di omicidi ingegnosamente calcolati. Le sue vittime rappresentano i segni negativi di un’equazione aritmetica dove le nascite vengono esattamente controbilanciate dal numero delle vittime; un gioco talmente rigoroso che non ammette eccezioni e non solo l’omicidio non è escluso dalle sue regole ma anzi diviene il più fedele guardiano della loro inderogabilità.

Servendosi di un’ostia avvelenata con del cianuro il serial killer uccide la sua prima vittima, Donna Milena la vedova del defunto notaio Demuro, durante la celebrazione della messa. Il medico Dohenis, allarmato dall’ingegnosità del reato che richiedeva senz’altro una fantasia e un’intelligenza superiore rispetto a quella dei miseri abitanti di Abinei, richiede la consulenza di un suo vecchio compagno di studi, l’eminente Efisio Marini divenuto famoso per le sue strabilianti scoperte sulla pietrificazione, tramite elettrolisi, a scopo di conservazione dei cadaveri. Prima che figura di brillante detective ideata da Todde, Efisio Marini è stato realmente un brillante scienziato cagliaritano del XIX secolo, il quale in vita ha suscitato scalpore e interesse a seguito dei suoi studi sul singolare processo di pietrificazione da lui ideato, che non solo arresta la decomposizione del defunto ma permette ai tessuto organici di conservare la plasticità e la flessibilità originarie. Amato in Italia e all’estero e odiato nella sua Cagliari Marini si rivela un personaggio singolare per la sua intraprendenza e sicumera nelle sue personali capacità professionali (che nel romanzo Todde è riuscito a ricreare in maniera piuttosto convincente), attributi che –assieme alla singolarità dei suoi studi- gli comporteranno inimicizie ostili ma anche ammirazione da parte di coloro che hanno saputo oltrepassare i pregiudizi nei confronti del suo macabro campo di ricerca. Osteggiato dai retrogradi colleghi cagliaritani, l’ambizioso Marini seppe farsi notare dall’ intellighenzia europea a partire dall’ Esposizione universale parigina del 1867, ammirato anche da Napoleone III in persona che si interessò particolarmente ai suoi studi sulla mummificazione.

L’autore, nel tratteggiare le sfumature psicologiche del suo protagonista, non lesina nel mostrare il lato più intraprendente e lucido –sino quasi a sfiorare la saccenteria- di Marini, il quale si dimostra spesso padrone della situazione e sempre l’elemento chiave nella risoluzione del caso. Ma la figura “apparentemente” a tutto tondo di Marini, con le sue infallibili ed erudite citazioni latine, nasconde una sensibilità e una vulnerabilità che solo lo stretto contatto con la bella Graziana, la seconda vittima dell’assassino da lui mummificata, saprà svelare.

Nemmeno il raziocino e il positivismo di Efisio rimane immune alla selvaggia bellezza dell’ancestrale, cerca di normalizzarla racchiudendo in un ampolla di pietra il grandioso corpo di Graziana; estetizza il corpo della donna cristallizzandolo in una mummia e lo custodisce come un trofeo dorato strappato alle mani della natura e della morte: solo in questo modo Efisio si concede la possibilità di avvicinarsi a quel mondo atavico, a quel pozzo nero e profondo suscitatore di spavento e interesse. Ma quello di Efisio è un raziocinio che tradisce un’attrazione morbosa-quasi ideologicamente disdicevole per un uomo illuminato come Marini- per la bella salma perlacea e serica della defunta Graziana. Ed ecco che il volto di Marini sprofonda in quella misteriosa voragine che è la vigorosa e ancestrale bellezza di questa creatura, magnetismo che lo porterà a indagare nei resti della vita passata della giovane defunta, il suo diario, la sua stanza, il suo letto. E’ dietro a questi simulacri dimenticati che Efisio Marini riuscirà a trovare l’ispirazione e la convinzione necessarie per scoprire la chiave di lettura degli ambigui messaggi inviatigli dall’assassino, allo scopo di sfidare l’intelligenza e la sagacia del medico/detective.

Ci sono delle soglie oltre cui l’uomo vacilla nel distendere il suo passo, ritrae ammutolito il suo piede e istintivamente si abbandona silenzioso all’indicibile che lo sovrasta e lo domina; ci sono luoghi dove la ridicola catena dei significati si offusca e si degrada dentro l’ancestrale e silenziosa vigorosità della natura selvaggia. L’uomo trattiene il respiro alla sua vista e, per un battito di ciglia, s’inchina rispettoso alle oscure leggi che la dominano; con un distacco velato di sgomento e fascino osserva gli indigeni che la ospitano, l’uomo monitora i loro usi, valori e credenze e misura la distanza che li allontana da sé per celebrare l’inspiegabile bellezza di tutto questo, per godere di quel salto nel buio che la ragione umana compie nell’imbattersi in questi nervi scoperti della civiltà, in queste ferite profonde dove l’uomo non trova, paradossalmente, il suo rasserenante volto riflesso ma un pozzo nero e profondo verso il quale egli tenta di protendersi affascinato.

La sapienza di Efisio spiega, organizza, rielabora fatti che sono adombrati dalla torbida ragione di un folle assassino sottomesso, e assieme implicato, all’inspiegabile ordine “sovrannaturale” che scandisce la vita e la morte del villaggio. Ma la dicotomia ragione/irrazionale riserva spazi di inaspettata convergenza che ne sfumano i contorni: Efisio si lascia possedere dalla figura della giovane Graziana, che sembra ispirare lo scopo e guidare l’imbalsamatore nei meandri oscuri dell’investigazione e, d’altro canto, nemmeno nelle piene facoltà del suo intelletto Marini riuscirà a portare una spiegazione a un mistero ancora più grande, ancora più indecifrabile degli enigmatici delitti di cui la cittadina sarda è teatro: l’immutabilità dello stato delle anime che incombe sui cieli di Abinei come una minaccia, o una benedizione, i cui significati sembrano sgusciare leggermente dalle dita degli uomini illuminati che si aggirano nelle pagine di questo lucidissimo e affascinante romanzo. Una spiegazione che forse mai nessuno dei astanti ha tentato veramente di cercare.

Giorgio Todde, Lo Stato delle Anime, Edizione Il Maestrale/Frassinelli, Roma, 2006, pp. 188, 10 euro.