Il regista spagnolo radicalizza l’opera comique di Bizet impreziosita dalla direzione sicura e vigorosa di Goldstein, ma la regia offre poca azione oltre alle provocazioni.
La grande tradizione dell’Opéra-Comique
Ultima e più celebre opera del compositore Francese Georges Bizet, composta poco prima della sua morte nel 1875, Carmen è ormai un vero classico per i teatri lirici di tutto il mondo. Curiosa è però la vicenda filologica della composizione, concepita in origine nello stile comique, ossia con brevi dialoghi recitati fra le sezioni musicali, e poi rivista dallo stesso Bizet in senso più compiutamente melodrammatico. La Fenice paga tributo alla versione originale mettendo in scena i quattro atti che hanno debuttato all’Opéra-Comique di Parigi il 3 marzo 1875, affidati alla regia dello spagnolo Calixto Bieito, noto per le sue interpretazioni radicali e attualizzate. Carmen va in scena con nuovo allestimento frutto della collaborazione con il Gran Teatre de Liceu di Barcellona, il Teatro Massimo di Palermo e il Teatro Regio di Torino.
Nell’arena franchista “matando” la donna
Bieito mette in scena una regia che intende rompere gli schemi del testo originale, proiettando Carmen in una Spagna di epoca franchista, popolata solamente da soldati, zingari e operaie. Sin dall’apparizione di Micaela, al centro del paese trasformato in una piazza d’armi ove la importuna l’intero battaglione, si percepisce la cifra complessiva dell’interpretazione data dal regista spagnolo, basata sulla contrapposizione esasperata fra i sessi. Si tratta tuttavia di una lotta impari, nella quale la tracotanza e sensualità di Carmen, simbolo di una femminilità libera e indipendente, non può che finire soffocata nel sangue di una morte violenta e impietosa, quella del toro alla corrida o di una prostituta per strada. Fra amplessi simulati, mutandine sfilate, donne appese al palo e uomini nudi per la scena, la Carmen di Bieito celebra l’insicurezza violenta dell’uomo di fronte alla donna, ma offre poca azione concreta in scena oltre alle singole provocazioni.
Secondo cast discreto, direttore e orchestra in grande crescita
Il secondo cast andato in scena alla Fenice ha saputo offrire una buona prestazione complessiva, ma stride la discrepanza d’età fra i cantanti. La giovane mezzo soprano Giotas, che sostituisce Uria Monzon nel ruolo della protagonista, si dimostra formidabile interprete portando sul palco una mangiatrice di uomini sicura e sensuale nel celebre “L’amour est un oiseau rebelle”. Scarsa tuttavia la sua potenza vocale che stenta a riempire il teatro e con troppe parti quasi sussurrate, spesso coperta dall’orchestra. Ottima prova e grande precisione della soprano Wagner nei panni della seconda protagonista femminile: la sua Micaela è dolce e soave, la voce matura e piena nell’aria “Je dis que rien ne m’epouvante”. Rigidi e forse a disagio nella regia di Bieito sia Lombardo come Don José, sia Szemeredy nei panni di Escamillo. Entrambi si dimostrano però cantanti d’esperienza, il primo su “La fleur que tu m’avais jetée”, il secondo nel celeberrimo “Toreador”. Formidabile la direzione di Carlo Goldstein, una vera certezza per la Fenice e capace di mettere i suoi orchestrali nelle migliori condizioni. Bene il coro degli adulti, poco convincenti invece le voci bianche.
musica di Georges Bizet | libretto di Henri Meilhac e Ludovic Halévy
Gran Teatro La Fenice – 21/06 e 12/07/2012
Cast & Credits
direttore: Carlo Goldstein
regia: Calixto Bieito
scene: Alfons Flores
costumi: Marce’ Paloma
Secondo Cast:
Don Jose’: Luca Lombardo
_ Escamillo: Karoly Szemeredy
_ Carmen: Katarina Giotas
_ Micaela: Virginia Wagner
_ Le Dancaire: Francis Dudziak
_ Le Remendado: Rodolphe Briand
_ Morales: Dario Ciotoli
_ Zuniga: Matteo Ferrara
_ Lillias Pastia: Cesare Baroni
Orchestra e Coro del Teatro La Fenice
maestro del Coro: Claudio Marino Moretti
Piccoli Cantori Veneziani
maestro del Coro di voci bianche: Diana D’Alessio