Venezia 67. Orizzonti
La principessa Anastasia, di 6 anni, cade vittima dell’incantesimo della fata Carabosse: pungendosi con un fuso di tasso dormirà per 100 anni. Si risveglierà all’età di 16 anni, dopo aver sognato numerose avventure iniziatiche.
Non è la prima volta che Catherine Breillat si cimenta con le fiabe. Lo aveva fatto nel 2009 con Blue beard e ora ritorna in questi territori mescolando La bella addormentata (Perrault) e La regina delle nevi (Andersen). Ovviamente chi conosca, anche solo di nome, la Breillat non può aspettarsi una traduzione fedele dei racconti ispiratori. Si tratta piuttosto di una loro decostruzione in chiave femminista – la rilettura in chiave femminista delle fiabe è, del resto, un filone abbastanza nutrito (i racconti di Angela Carter, ecc.).
La belle endormie è dunque una riflessione sulle identità di genere e sui loro confini (la protagonista, che inizialmente rifiuta la sua identità femminile, ama compulasare i dizionari e una delle prime parole su cui si sofferma è “ermafrodito”), sul conflitto tra natura e cultura, e quindi tra destino e scelta (l’identità come imposizione o come costruzione individuale), sul trascorrere del tempo (gli orologi sono spesso presenti), sulla formazione e sui riti che scandiscono il passaggio dall’infanzia all’età adulta, sull’amore.
Sia chi apprezza il cinema della Breillat – che in conferenza stampa ha detto di trovare migliore accoglienza nei paesi anglosassoni che in quelli cattolici come la Francia e l’Italia, perchè i primi sono in maggiore sintonia con il suo puritanesimo (“io sono puritana: non voglio, come talvolta dicono di me, abbattere i tabù, voglio che i tabù esistano, per poterli infrangere”) –, sia chi su di esso ha sempre nutrito delle riserve avrà difficoltà a trovare motivi di interesse in questo film.
I primi non potranno che considerarlo un’opera minore, meno pregnante e provocatoria di altri suoi lavori. I secondi forse lo troveranno meno disturbante di altri (il tono è più leggero, la ragazzina è simpatica, la fotografia ha bei colori, ecc.), ma non potranno fare a meno di rilevare la tediosità di una storia fatta perlopiù di dialoghi nei quali i personaggi pronunciano, con tono inespressivo, frasi sentenziose (“nulla è perenne nella vita, solo la noia”, “l’eternità non esiste”, ecc.). Tutt’al più, i fans “senza se e senza ma” della regista (ce ne sono…) troveranno un aggiornamento sui temi e sulle “ossessioni” tipiche del suo cinema (la sessualità, il corpo, ecc.).
Regia: Catherine Breillat
Cast: Carla Besnainou, Julia Artamonov, Kerian Mayan, David Chausse, Luna Charpentier, Rhizlaine El Cohen, Rosine Favey, Diana Rudychenko, Dounia Sichov, Leslie Lipkins, Camille Chalons, Romane Portail, Anne-Lise Kedves
Anno: 2010
Nazione: Francia
Genere: Drammatico
Durata: 85’
Produzione: Flach Film Prod., CB Films, Arte France production
Data di uscita: Venezia 2010 (Orizzonti)