La morte di Girasole

Un film-documentario realizzato da alcuni giovani lucani

Si chiamava Rocco Girasole il bracciante agricolo ucciso dalle forze di polizia cinquant’anni or sono, durante una manifestazione per il lavoro a Venosa, in Basilicata. E così, per commemorare quel tragico episodio di lotta per il lavoro, alcuni giovani studenti del centro lucano hanno voluto dar conto – mediante un film documentario – di quel drammatico episodio della storia delle lotte contadine troppo in fretta archiviato nella memoria collettiva: la polizia a Venosa sparò sulle migliaia di manifestanti e Girasole venne ucciso da una raffica di mitra.

Questi gli autori del film: Giuseppe Bellasalma, Enzo Briscese, Benedetto Guadagni e altri appassionati, su progetto di Mimmo Perrotta, si sono armati di telecamera e taccuino, di foto d’epoca ed entusiasmo, ed hanno incontrato i testimoni e i protagonisti di quella pagina oscura e controversa.

Con spirito di servizio, i giovani venosini hanno filmato decine di ore di testimonianze, per montare un mediometraggio di 55 minuti, che potrebbe essere degno dei migliori festival del genere. Un film documentario, montato benissimo da Vito Frangione (con musiche originali di Sergio Dileo), che conserva un suo ritmo dal primo all’ultimo fotogramma, con una sapiente ed appropriata cadenza di foto d’epoca che conferiscono la giusta equazione spazio-temporale. Visi solcati dalla sofferenza eppure belli, dalle vaghe sembianze pasoliniane.
Il film si apre con lo storico banditore Felice Pescuma, e con un verso originale: “Il presente non andrebbe mai abbellito, potrebbe oscurare il passato”; si chiude con “Il passato non andrebbe mai abbellito”. Frasi ad effetto, quasi un monito su quello che la libertà d’informazione dovrebbe sempre significare.

Scriveva Giorgio Bocca che “Le utopie dei giornalisti sono la vera difesa della libertà di stampa”, ed è forse proprio quella che è mancata in quegli anni bui di governo Scelba e che i giovani venosini con caparbia “libertà” hanno saputo fotografare, partendo dalle attestazioni di quanti quegli anni di miseria li hanno vissuti sulla propria pelle. Il 1956 è stato forse l’anno fra i più difficili della seconda metà del secolo, a partire dalla “grande nevicata” che paralizzò in particolare il Sud, più affamato di altri luoghi. E la tragedia di Rocco Girasole si consumò lì, in una offesa di Stato, in una continua volontà da parte di tutti di cancellare gli episodi e la povertà che li determinò. I giovani hanno svolto una operazione che forse è mancata alla stampa dell’epoca: partiti, Chiesa e sindacati rimossero in fretta quella tragedia.
Il film-documento rappresenta dunque la maniera solida e rara di rappresentare la storia a partire dalle fonti, dalla saggezza e dalla innocenza dei personaggi.

Il film concede poco all’emotività, ma tocca le corde più profonde quando uno dei testimoni incarcerati racconta: “Un contadino non è preparato a reggere tanto carcere”. Perché di carcere duro quegli innocenti lavoratori (trentuno) ne hanno fatto tanto: quasi dodici mesi per il “reato” di rivendicare lavoro, pane e terra, con una successiva riforma agraria dell’Ente Riforma che per un testimone del film diventa “Ente ritorna”. Una beffa per i contadini del Sud costretti a nuove emigrazioni, da una cittadina come Venosa con quasi 15mila abitanti e senza fognature. Un film che traduce in termini territoriali e popolari i proclami e manifesti comunisti che quei contadini non avevano mai letto.
Un copione (vagamente neorealista) che sarebbe piaciuto a registi come Damiano Damiani o a Francesco Rosi, ma anche a Oliver Stone o a Sean Penn. E che nella sua canzone “Qualcuno era comunista” Giorgio Gaber avrebbe senz’altro menzionato, se avesse saputo dei tragici fatti di Venosa e dell’assassinio di Rocco Girasole, un ragazzo buono che “amava portare la bandiera del lavoro in prima fila”.

Articolo precedente“INSIDE MAN” DI SPIKE LEE
Prossimo articolo“GIANNA NANNINI IN CONCERTO”
Chiara Lostaglio
Attrice e critica cinematografica e teatrale, è laureata in Scienze della Comunicazione e in Filologia moderna. Diplomata in recitazione cinematografica presso la Vision Academy e Studio Cinema Film & Theatre Institute di Roma. Ha lavorato in diverse produzioni cinematografiche, televisive e teatrali. Scrive di cinema e teatro su diversi magazine on line. Ha insegnato Storia e critica del Cinema presso Unilabor e Liceo artistico. parte del direttivo del Cineclub Vittorio De Sica- Cinit che organizza mostre cinematografiche, lezioni e laboratori di cinema nelle scuole e nelle carceri. Ha presentato film e si è occupata delle relazioni esterne in diversi eventi e festival di cinema (Foggia Film Festival, Monticchio CineLaghi). Attualmente è docente presso l'Università SSML Nelson Mandela e l'Istituto del design di Matera.