Il Capitano Wiesle riceve l’incarico di spiare il commediografo George Dreyman, accusato di cospirazione contro il Partito Comunista. Il film è stato premiato con l’Oscar per il miglior film straniero.
L’Uomo Buono del titolo non esiste. Esistono due uomini buoni che hanno contribuito a renderlo tale. Questo film corale, strutturato come una tragedia greca, ci presenta tuttavia un piccolo barlume di speranza, che contribuisce a salvare le vite in gioco.
Il Capitano Wiesle è un uomo freddo, di poche parole e cinico (inquietante la somiglianza con Kevin Spacey). Soprattutto è un torturatore inflessibile (memorabile l’interrogatorio iniziale con il quale smaschera i dissidenti: pur nella sua semplicità è il risultato a essere agghiacciante). E’ un uomo solo, che ha fatto del rigore il proprio stile di vita: l’appartamento freddo, simmetrico e rigoroso nel quale vive è il suo correlativo oggettivo.
Proprio per la rigorosità della propria persona, Wiesle riceve l’incarico dal superiore, il sordido ministro Hempf, di spiare un commediografo, George Dreyman, con il nome in codice di «Lazlo» (il nome in codice è ungherese, forse non a caso).
L’uomo Wiesle ascolta, ascolta e registra meticolosamente ogni cosa che avviene in casa dello scrittore, tracciando persino una mappa nella soffitta con i tanti luoghi che la compongono, immaginandosi al posto dello stesso, tra telecamere e cimici disseminate nella casa 24 ore al giorno. L’ossessione di ricercare il Graal della colpevolezza del soggetto lo spinge a porsi delle domande alle quali non riesce a rispondere. Una su tutte è come riuscire ad incastrare un uomo malvisto dal Partito, ma tuttavia in linea ossequiosa con lo stesso.
E’ solo l’inizio. Questa vita dell’altro pian piano viene da Wiesle introiettata, stabilendo una sottile linea rossa che lo spinge a porsi contro le regole del gioco della Stasi.
Fautori del crollo sono lo scrittore, ma anche la sua donna – un’attrice reclutata dal Partito – anch’ella vittima di un gioco che è più grande di lei: una donna che per sopravvivere si concede ai potenti controvoglia, ai barbiturici e alle docce per dimenticare di esser caduta tanto in basso e attanagliata dalla paura di non poter più toccare il fondo. Proprio nei confronti della donna, della quale il capitano Wiesle si professa ammiratore (l’intento è davvero sincero), egli le ricorda che esiste la possibilità di scelta, nonostante il Sistema e nonostante la Stasi.
In un’epoca dominata dalla Guerra Fredda, dalla divisione delle due Germanie, dai troppi e (in)soliti sospetti, l’Uomo Buono paradossalmente osa: in un regime nel quale raccontare anche una sola barzelletta basta a garantire il biglietto di non ritorno, l’andar contro gli ideali che si è sempre professato risulta pericoloso.
Di fronte ai due – uomo e donna – che inevitabilmente sono entrati a far parte della sua fredda vita, l’Uomo Buono lascerà cadere la propria maschera, opponendosi a coloro i quali hanno mosso le pedine della scacchiera per dar scacco matto al Re: «Lazlo» verrà tradito e contemporaneamente salvato dalla donna che ama e che si è persa per sempre, ma salvata dallo stesso Wiesle. Il sangue sacrificale di lei bagna le mani dell’Uomo Buono che a sua volta salverà lo scrittore e la sua libertà di espressione (la macchina da scrivere, vista come elemento sovversivo a causa di articoli di denuncia contro il Sistema che spingeva gli scrittori al suicidio di protesta, sarà da Wiesle nascosta).
George Greyman comprenderà solo molto tempo dopo chi l’ha salvato: la macchia di sangue del dito dell’ex Capitano sul cartoncino dell’ultima intercettazione, in una ricerca di quei giorni in cui era stato da questi spiato, gli testimonia il rischio corso da tutti gli uomini buoni e gliene sarà grato.
Il libro sarà infatti dedicato al misterioso XX-17, ovvero Wiesle, sul cui viso segnato dai troppi orrori commessi si dipinge una sensazione di pace e quel libro comprato diventa un monito alla memoria di tutti quegli uomini buoni.
Intenso e serrato, ben scritto e recitato il film di von Donnersmarck vuole essere uno sguardo lucido ed impietoso sulle troppe bugie dei Sistemi dei nostri tempi: la mdp ci inchioda di fronte alla realtà mostrata, ci travolge ma – paradossalmente – non osa denunciarla, ma non per questo il risultato è meno terrificante.
Titolo originale: Das Leben Der Anderen
Nazione: Germania
Anno: 2006
Genere: Drammatico
Durata: 137’
Regia: Florian Henckel von Donnersmarck
Cast: Martina Gedeck, Ulrich Mühe, Sebastian Koch, Ulrich Tukur, Thomas Thieme, Hans-Uwe Bauer, Ludwig Blochberger, Werner Daehn
Produzione: Bayerischer Rundfunk, Creado Film, Wiedemann & Berg Filmproduktion
Distribuzione: 01 Distribution
Data di uscita: Oscar 2007 – 06 Aprile 2007 (cinema)