“MEMORIE DI UN SOLDATO BAMBINO” di Ishmael Beah

Bambini & AK47

Uno stato martoriato dalla guerra civile, gli assetti di potere che cambiano continuamente, bambini obbligati ad imbracciare e usare kalashnikov, pur di sopravvivere, ma destinati così a scordare la loro infanzia, la loro adolescenza, il loro essere umani. Tutto questo è accaduto in Sierra Leone tra il marzo del 1991 e il gennaio del 2002, ma poco si è saputo.

Molti chiamano l’Africa il continente dimenticato, tuttavia sarebbe meglio chiamarlo il continente delle guerre dimenticate. A partire dalla decolonizzazione, scontri tra diverse etnie si sono susseguiti quasi in ogni luogo, con milioni di morti di cui non si è avuta notizia in Occidente. Il libro di Ishmael Beah aiuta a capire quello che è successo in Sierra Leone nel corso degli ultimi vent’anni. Va comunque premesso che Beah non è uno scrittore che ha scelto di narrare fatti relativi alla storia della sua terra. Beah è un ex bambino soldato che ha deciso di rivivere quello che gli è accaduto, affidandolo e affidandosi alla scrittura. Così veniamo a sapere che nel ’93, quando gli scontri tra il RUF (Fronte Unito Rivoluzionario), una banda di rivoltosi, e l’esercito regolare sono ormai iniziati da due anni, Ishmael è appena un adolescente, vive in un piccolo villaggio e ha una vera e propria passione per la musica rap. Ha anche fondato una band con alcuni amici e fa delle esibizioni. Durante una di queste, in un villaggio lontano, viene a sapere che il suo è stato distrutto, che la sua casa non esiste più e i suoi genitori sono scomparsi. Inizia allora la discesa all’inferno di un dodicenne che prima è costretto a scappare e nascondersi nella foresta per evitare di essere preso dal RUF, poi viene arruolato a forza nell’esercito governativo e ucciderà, per non essere ucciso. La storia della negazione della sua adolescenza è straziante e l’unica consolazione, nel corso della lettura, deriva dalla terza di copertina, dalla quale si viene a sapere che Ishmael è riuscito a salvarsi negli Stati Uniti, dove vive e lavora per l’ONU.

Il libro è crudamente realista, sembra davvero di essere immersi nel sangue di ragazzi innocenti, di sentire l’odore dei kalashnikov fumanti o di essere obbligati anche noi lettori, proprio come Ishmael, a sniffare la brown brown, un misto di cocaina e polvere da sparo, necessaria a calmare i nervi e a permettere ai bambini soldato di combattere come degli automi, inconsapevoli di quel che sta accadendo. La critica letteraria americana ha gridato al miracolo in seguito all’uscita, all’inizio di quest’anno, di Memorie di un soldato bambino, parlando di un’opera in grado di unire “un linguaggio così forte” a una “incomparabile tenerezza” (Melissa Fay Greene). Forse è presto per dire che con Ishmael Beah sia nato un nuovo scrittore africano, degno erede di Naghib Mafuz o Wole Soyinka, per questo andranno valutate le sue opere future, ma è indubbio che sia stato in grado di rendere la migliore testimonianza possibile di un orrore con il quale troppo spesso l’Occidente non ha voluto e non vuole fare i conti.

La lettura del libro potrebbe essere supportata dalla visione di un film della passata stagione, Blood Diamond, con Leonardo di Caprio e Jennifer Connelly, che narra vicende molto simili, approfondendo il tema delle responsabilità delle industrie europee e americane nelle guerre in Africa. Tuttavia le immagini sullo schermo non riescono a essere vive, a disgustare e commuovere, come quelle del libro. Nel film viene raccontata una vicenda verosimile, nel libro è la realtà che parla tramite un ragazzo che non ha avuto possibilità di scelta.

“Io mi sono arruolato proprio perché non avevo più una famiglia e morivo di fame. Volevo vendicare l’uccisione dei miei famigliari… Ho superato la riabilitazione, perciò non dovete avere paura di me. Non sono più un soldato, sono un ragazzo”.

Titolo originale: A long way gone. Memoirs of a Boy Soldier
Anno di edizione: 2007
Casa editrice: Neri Pozza Editore
Serie: Narrativa
Pagine: 249
Prezzo: Euro 15,50