“Masters of Horror 2: Family” di John Landis

The quiet american

Americana
Harold Thompson è un uomo come tanti. Una bella villetta tra le tante a schiera di una qualsiasi periferia di una città della California, un lavoro da casa, un giardino curato e una passione per la buona musica. Ma la sua esasperante “normalità” finisce qui. Se all’apparenza Harold (interpretato dal pacioso Gorge Wendt, conosciuto ai più per la sua longeva partecipazione alla serie televisiva di successo “Cheers”, in Italia “Cin Cin”) sembra un qualsiasi americano tranquillo, nella sua mente c’è qualcosa che non va, e la sua casa nasconde più di uno scheletro nell’armadio… e in salotto.

John Landis torna a Torino per presentare il suo episodio della seconda serie dei Masters of horror – dopo Deer woman, nella sezione Americana sempre al Torino Film Festival, l’anno scorso – e lo fa con la consueta dose di macabra ironia, cinico sarcasmo e sagace attenzione verso la società e lo spirito dei tempi. Lasciatosi alle spalle trame soprannaturali e figure dall’aura mitica, questa volta il regista di Chicago cerca l’orrore nella quotidianità, in quei risvolti perversi e malati dell’animo umano, nella banale e allo stesso tempo pericolosissima “normalità”.

Luogo d’elezione della vena sanguinaria del “tranquillo omicida americano” non poteva che essere l’omologata periferia suburbana dei praticelli verdi all’inglese e dei barbecue alla domenica, dei bambini che scorrazzano in strada e delle station wagon ricolme di buste della spesa. Teatro ideale per ospitare psicotici borghesi dalla personalità schizzoide o psicopatici assassini bisognosi d’affetto, ma sempre insospettabili, l’America della provincia si conferma valido termometro delle paranoie dei nostri giorni mentre la famiglia diventa il luogo per eccellenza della crisi sociale statunitense degli ultimi anni.

Non ne fa un mistero Landis, anzi: la stilettata è rivolta direttamente all’amministrazione Bush che, colpita proprio sul suo terreno – la religiosa unità famigliare come uno degli ultimi baluardi del conservatorismo – viene smascherata come istituzione in decadimento, o quantomeno soggetta a innumerevoli variabili di ordine sociale, sessuale e morale. Harold cerca l’affetto e la stabilità emotiva, infatti, ma è deciso a crearsi una famiglia scegliendone (e sciogliendone) i componenti tra quelli che più gli aggradano da altre famiglie.

L’identità familiare non è indistruttibile, i desideri cambiano e la società in cui si vive nasconde insoliti sospetti e soliti insospettabili mostrando tutta la sua vulnerabilità non appena si apre un varco in quella cortina moralistica innalzata per convincersi che i vicini, “i buoni”, sono buoni e i “cattivi” vengono necessariamente da fuori. In poche parole: dottrina Bush cassata su tutta la linea (non mancano peraltro classiche satire landisiane più “leggere” come l’accostamento, in casa del protagonista, di una foto del vicepresidente Cheney ad un trofeo di caccia appeso sopra il pavimento).

Un episodio convincente, divertente e psicologicamente (ma non solo) spaventoso; dunque ennesima riprova delle capacità non solo di intrattenimento di una serie “di genere” come quella dei Masters of horror. E il fastidioso sentore che il vero orrore prenda piede sempre più spesso, sempre più sottilmente, sempre più su larga scala, proprio davanti ai nostri occhi.

USA, 2006, HD, 60′, col.
regia/director John Landis
sceneggiatura/screenplay Brent Hanley
fotografia/director of photography Jon Joffin
scenografia/set design Doris Deutschmann
costumi/costume design Lyn Kelly
montaggio/film editor Mark L. Levine
musica/music Peter Bernstein, Ed Shearmur
suono/sound Kris Fenske
interpreti e personaggi/cast and characters George Wendt (Harold), Meredith Monroe (Celia), Hayley Guiel (Sarah), Matt Keeslar
produttore/producer Lisa Richardson, Tom Rowe, Mick Garris
produzione/production IDT Entertainment

co-produzione/co-production Industry Entertainment, Nice Guy Productions