George Clooney si conferma sempre grande attore, regista e produttore. In questo caso però, in aggiunta, ha anche dimostrato uno straordinario tempismo: presenta infatti alla Berlinale 2014 un film sui tesori d’arte trafugati dai nazisti, proprio a poche settimane dalla rivelazione dell’altrettanto straordinario sequestro in Germania di centinaia di opere trafugate proprio nel periodo bellico.
Il film, di cui il sempre fascinoso e interessante Clooney è regista e protagonista, si basa sulla storia vera – raccontata nell’omonimo testo di Robert Morse Edsel e Bret Witter – di un gruppo di studiosi d’arte americani che, direttamente per ordine del presidente Roosevelt, furono mandati in Europa durante la seconda guerra mondiale con il preciso compito di salvare opere a rischio di sparizione.
All’inizio del film è Clooney – ossia il professor Frank Stokes – che infiamma gli animi con una appassionata lezione sulla necessità di salvare un patrimonio senza il quale non sapremmo chi siamo e da dove veniamo. “Obiettivo di Hitler – spiega Stokes/Clooney – è di conquistare i popoli annullando e azzerandone la storia e la civiltà, così sarebbe come se non fossero mai esistiti”. È Stokes che recluta i migliori studiosi e artisti degli Stati Uniti per compiere questa missione che, alla fine, permetterà di recuperare e di restituire milioni di dipinti, sculture e altri oggetti d’arte di valore incommensurabile. Ma anche il salvataggio delle opere sarà a prezzo di molte vite umane. “Se questi uomini che hanno dato la loro vita per l’arte oggi potessero parlare – dichiara Stokes al termine della missione – forse direbbero che ne valeva la pena, perché è quello in cui essi credevano.”
_ Parole che – pur con qualche distinguo – riflettono anche il punto di vista dello stesso Clooney, che ha voluto in questo film far conoscere al mondo un’epopea finora ignorata, all’interno di quella immensa e ancora per molti versi ignota tragedia dell’umanità che è stata la seconda guerra mondiale.
Certo che far digerire questa storia alle giovani generazioni – cui il film è soprattutto rivolto, come ci dimostra la scena finale del bambino in visita con il nonno ex MM alla cattedrale di Bruges – non è impresa facile. Ci volevano innanzitutto divi che fossero una garanzia: belli, amati, coinvolgenti e bravissimi come Clooney, Matt Damon, Jean Dujardin (e, per carità, anche gli altri protagonisti) per fare del film “il” film, il più sensazionale della stagione. E dunque si turino le orecchie e chiudano un occhio i critici cinici e spietati che mal sopportano i luoghi comuni, la retorica, il trionfalismo, la leggerezza delle frequenti battute e altri piccoli difetti di cui non è certo carente questa pellicola. Per trasmettere questo messaggio ci voleva un impianto registico e narrativo di questo genere. Nulla potrebbe essere cambiato senza perdere di efficacia, a cominciare dal titolo, con quella intraducibile e accattivante allitterazione.
Diversamente sarebbe probabilmente risultato solo un ottimo, interessantissimo documentario visibile da qualche raro e attempato spettatore di locali d’essai.
Un film talmente bello che il pubblico della Berlinale – molte le proiezioni sempre tutte esaurite – ha riso, si è commosso e ha applaudito calorosamente, tedeschi compresi.
Titolo originale: The Monuments Men
Nazione: U.S.A.
Anno: 2014
Genere: Drammatico
Durata: 118′
Regia: George Clooney
Sito ufficiale: www.monumentsmenmovie.com
Cast: Matt Damon, George Clooney, Cate Blanchett, Bill Murray, John Goodman, Jean Dujardin, Hugh Bonneville, Bob Balaban
Produzione: Smoke House
Distribuzione: Twentieth Century Fox
Data di uscita: 13 Febbraio 2014 (cinema)