“Muo e la vergine” cinese di Dai Sijie

Dai Sijie e la vergine cinese

Le complexe de Di è il secondo romanzo di Dai Sijie, scrittore e regista cinese tornato alla letteratura dopo il successo dell’opera prima, Balzac e la piccola sarta cinese. In Italia è stato tradotto meno di due mesi fa, pubblicato dall’editore Adelphi con il titolo di Muo e la vergine cinese. Se la letteratura salva la vita e, probabilmente, sortisce effetti più solidi e duraturi di quanto non faccia la rivoluzione, questo libro ne è la prova inconfutabile.

Muo, il protagonista di questa storia, è uno psicanalista freudiano – con solide basi lacaniane – che, dopo aver ottenuto una laurea in Francia, torna nella sua patria per salvare la sua amata. Una chanson de geste, un romanzo cavalleresco che è anche l’omaggio al Don Chisciotte di Cervantes. Ma non solo.
Trecento e più pagine in cui si riflette la situazione cinese, la difficoltà dell’eroe di vedersi riconosciuta la propria professione, considerata poco pragmatica e quindi scissa dai meccanismi di produzione con cui il progresso cinese tenta l’occidentalizzazione.

Un bacio fugace, ricordo di gioventù, riporta Muo in Cina, per salvare Vulcano della Vecchia Luna, giovane giornalista cinese incarcerata per aver “donato” alla stampa straniera foto proibite, rischiando così una pesante condanna. Ma la Cina non è esente dalle pratiche corruttorie che si manifestano in ogni angolo del mondo cosiddetto “civilizzato”. Conscio di tutto ciò, il temibile Giudice Di, lascia sempre aperto il terzo cassetto della sua scrivania, in modo che chiunque possa comprare una sentenza lasciando scivolare al suo interno una mazzetta da diecimila dollari. E fin qui la trama, molto più articolata ed intrecciata rispetto al suo primo romanzo, non lascia trapelare molto della vera essenza del libro: il succo di un melone rosso non ancora spaccato, una vergine illibata non ancora deflorata.

E’ il pesante prezzo da pagare al Giudice Di, che si è fatto costruire un modellino d’aereo con i bossoli delle pallottole utilizzate per giustiziare i condannati, che possiede un giardino pieno di bonsai dalle forme mostruose. Un uomo che, alla soglia della vecchiaia, non è più tentato dal danaro, ma dalla forza rigeneratrice che solo il corpo di una vergine possiede. Una vergine che in qualche modo rappresenta un ritorno alla purezza, una castità di cui la Cina non è più impregnata.
Ed ecco Muo, occhialuto ed inesperto psicanalista – non ancora iniziato alle pratiche sessuali – che deciderà di ricorrere a tutto pur di salvare Vulcano della Vecchia Luna. E’ imbattendosi in avventure comiche e stralunate, talvolta dai risvolti grotteschi, che metterà in pratica i suoi studi freudiani, tanto da arrivare a sospettare che la Cina non sia ancora pronta per adottare tale pratica. Sullo sfondo niente castelli fatati e principesse, ma una Cina moderna e disincantata, votata al capitalismo e al progresso. Allo stesso tempo, però, una Cina arcaica e funzionale, di cui si sentono odori e tradizioni, colori e sapori di un tempo.

Un viaggio in bicicletta, alla ricerca di una vergine da sacrificare. Armati di una canna da pesca alla cui estremità è affisso un ideogramma cinese che sta per “interprete dei sogni” (e dei segni). Una delle candidate sarà un’imbalsamatrice di quarant’anni con cui Muo perderà la verginità, mentre prepara dei ravioli al vapore. E se – citando Flaiano – la cultura è un alibi e l’arte un investimento di capitali, la Cina è perfetta per raccogliere al suo capezzale le due antitetiche visioni di un mondo che lotta al proprio interno. Il disincanto o la visionarietà, la ratio o l’estrosità, sono perline di vetro su cui Muo inciampa, mentre tenta di sconfiggere a suon di interpretazioni, la vetustità di certe tradizioni popolari. Illustrandocene, però, la remota bellezza, le contraddizioni di cui sono intrise, Sijie ci offre una splendida parabola su cui riflettere. Riflettori e riflettenti di una civiltà “altra” sempre più vicina e simile a noi. Al punto da confonderne i confini, ma ben sottolineandone le sfumature.

Adelphi Fabula, 2004, 314 pag, 18 euro