dal libro: “e adesso mi odio per aver sprecato tanto tempo con Lorenzo, mi odio per non essere più ambiziosa e soprattutto per aver fatto questa figura di merda incredibile. Però, se non avessi mandato quell’sms a quell’idiota, non avrei mai conosciuto il dottor Marco Montecchi e questo, come direbbe Carlotta, dev’essere un segno. La sensitiva bulgara che venne in trasmissione a parlare di alieni era assolutamente convinta che loro comunicassero con noi attraverso segni inequivocabili. Sì, è vero, era un’alcolizzata e nascondeva la vodka nella boccetta del profumo, ma magari gli alieni li vedeva davvero, io che ne so?
Poteva andare peggio, poteva piovere. La vita per Cristina è un film col finale aperto, di quelli che ti fanno ridere e pensare, ma dove il lieto fine sembra irraggiungibile. Trentadue anni e sentirli tutti, fra amori naufragati, due genitori perfetti che ancora si scambiano carinerie insopportabili agli occhi di una figlia e un fratello gemello che più diverso di così non si può. Ma a dar vita all’ottovolante di Cristina è un grosso equivoco. Venti pastiglie di valeriana ingerite per dormire meglio e scambiate in Pronto Soccorso per una dose massiccia di Valium. L’esito è inesorabile: tentato suicidio. E così, di punto in bianco, dopo essere stata appena mollata dal fidanzato Lorenzo, Cristina incontra l’uomo della sua vita. Marco Montecchi (sic!), un dottore che più perfetto di così si muore. Bello, sensibile e intelligente, affascinante quanto irraggiungibile, innamorato e fidanzatissimo con la sua collega Stefania, appassionata di Yoga col pallino della maternità. E se la vita privata passa da una noia all’altra – uomini boriosi, inaffidabili e privi di ironia si palesano sul suo cammino – quella professionale è un inferno senza via d’uscita. Maldestra inviata di una trasmissione per casalinghe annoiate, ogni giorno viene gettata nella fossa dei leoni, lanciata senza paracadute in ogni sorta di mestiere: dalla vigilessa alla barbona, dalla cubista alla stalliera, fra le risate del pubblico in studio e le allusioni degli amici più cari.
Dopo Pazze di me – dal quale è stato tratto un film diretto da Fausto Brizzi – Federica Bosco pubblica per Mondadori un nuovo brillante romanzo in cui tutti gli elementi sono al posto giusto. Commedia degli equivoci legata alla ricerca dell’amore perfetto, l’universo dell’autrice ruota attorno a uno spietato ritratto – in salsa agrodolce – della condizione miserrima (come direbbe un eccitato Woody Allen) in cui versano i trentenni di oggi. La Bosco è bravissima a non scivolare mai nel banale, bilanciando in maniera perfetta la farsa esistenziale in cui si muovono i suoi protagonisti. Più o meno realizzati che siano, nessuno sembra davvero a suo agio nei propri panni e nessuno – drammaturgicamente parlando – può bastare a se stesso.
Ed è così che ne esce fuori un libro cinicamente divertente e originale, nel quale la fluidità della scrittura – un lungo piano sequenza letterario – si mescola ai ritratti grotteschi e caricaturali del maschio italiano. Qualche ora di divertimento, per non dimenticare che la vita, come la letteratura, passa anche da qui.
Federica Bosco, Non tutti gli uomini vengono per nuocere, ed. Mondadori, pp. 358, €18.00