“Oatsurae Jirokichi koshi – Sbarre per Oatsurae Jirokichi” di Ito Daisuke

Il Topo che voleva diventare Uomo

Storia Segreta del Cinema Asiatico
Jirokichi il Topo (o la canaglia, come viene tradotto in lingua nostrana) è un ladro nel momento critico della propria carriera, ovvero quando è costretto a scappare cambiando città perché messo alle strette dalle forze dell’ordine. In fuga quindi, da Edo a Kioto, nel disperato tentativo di cancellare le proprie tracce. La fama però lo precede all’arrivo nella nuova città.

Jirokichi ladro gentiluomo, interseca il proprio destino di uomo in fuga, di ramingo senza redenzione, con la comune sorte di due donne senza possibilità di riscattarsi se non vendendosi, come geisha o in affidamento a un nuovo protettore. Ed è qui che emerge il desiderio del Topo di diventare Uomo: egli si affida alle sue uniche capacità, quelle del ladro, per garantire un futuro a Osen e Okino. Le due rappresentano il passato e il futuro per Jirokichi: ovvero la fine di una storia senza onore (né amore appunto) e l’inizio di un’altra, ovvero un circolo vizioso dal quale il protagonista può salvarsi solo commettendo nuovi crimini.

Asciutto e duro nell’incedere della vicenda, Ito mostra anche in questo film il proprio taglio veloce, il ritmo accelerato e qui scandito da colpi di tamburo man mano che si compie il destino tragico del protagonista, perché il crimine naturalmente non paga e anzi trascina con sé tutto ciò che tocca. Il sacrificio di Osen, la cattura di Jirokichi, sono epurazioni necessarie per salvare l’innocenza di Okino; alcune geniali simmetrie mostrano il ladro introdursi nelle case delle sue vittime e Ito gioca molto sulle ombre.

Il regista ci mostra cosa c’è tra le gesta dei samurai e le miserie dei contadini, a completare il trittico della società giapponese dell’epoca troviamo quella classe media composta da artigiani e commercianti senza gloria né pace e alla ricerca di una possibilità per la propria ascesa: presentata a volte con comcità nel proprio squallore, questa gente vive sulle disgrazie altrui. In questo contesto l’eroe è proprio colui che non ha niente da perdere, il ladro appunto, perché insoddisfatto della propria condizione. Jirokichi rappresenta il ribelle in lotta contro un sistema che non gli permette alcuna ascesa sociale, e per dimostrare a se stesso il proprio valore, pur nella rassegnazione nei confronti di un futuro da rinnegato, è costretto a restare sul fondo.