Il Teatro India si trasforma e rigira palco e gradinate per permettere la messa in scena di un elegante lavoro di Riccardo Caporossi, che sta riscuotendo, assieme al suo collaboratore Claudio Remondi, premi e consensi per il progetto: Beckett tra Rem & Cap. Assieme a “Giorni Felici” viaggia in questo periodo per l’Italia “Passaggi”: una rappresentazione dai tratti intensi e suggestivi, realizzata con una cura e un’attenzione al testo da cui è tratta, sorprendenti e meritevoli.
Quando scorgiamo sotto al titolo di un manifesto teatrale, la fatidica frase: “ispirato al romanzo di…”, già ci incupiamo e ci tornano alla mente le cocenti delusioni che troppo spesso si nascondono dietro al nome di uno scrittore che amiamo e di cui siamo inevitabilmente gelosi. L’adattamento, inoltre, difficilmente riguarda opere poco conosciute (i classici sono il terreno preferito per le rielaborazioni) e in genere si tende ad attualizzare un testo mantenuto più o meno nella sua interezza.
Tutto diverso nel caso di Caporossi, che si rifà alla poetica novella “Basta” del famoso scrittore irlandese per portarne sulla scena un elaborato e diligente omaggio ricco di collegamenti, ma privo di parola, e tuttavia capace di entusiasmare e invogliare alla lettura chi non ha letto il testo o qualche opera dell’autore.
Le funzioni più significative le assolvono gli spostamenti: l’elemento centrale è appunto la passeggiata di 12 coppie che si susseguono in questo continuo procedere rettilineo da destra verso sinistra, sbucando da una delle tre aperture nere divise da altrettante quinte. Un palco notevolmente allungato e con solo 4 o 5 file di posti a sedere: una struttura particolare che mette lo spettatore in una prospettiva del tutto originale.
Gli attori recitano con i loro corpi e creano dei suggestivi giochi di scambi e ritmi, con due uniche costanti: il tenersi per mano (o il tendere a farlo), separati solo da un guanto bianco, e la postura, uno diritto e l’altro incurvato, ripiegato su se stesso.
Non una parola, solo un metronomo, che dà ritmo ai misurati passi degli attori, sostituito in alcuni “passaggi” dalla musica dal vivo (coinvolgenti melodie ripetute, eseguite dagli attori grazie a una fisarmonica, uno xilofono, un triangolo e altri semplici strumenti) o da suoni, fischi, urla, rumori dei movimenti, e in fine un coro.
Il tre, come altri simboli colti dalla novella, è espressione della rete di significati che emergono dal racconto sensibile e introspettivo, di cui però il regista ci restituisce solo le sfumature e i dettagli senza permettere di capire in modo chiaro e diretto che cosa viene rappresentato. Non è un difetto, perché Caporossi non si prefigge mai di descrivere il narrato, ma fa si che l’insieme appaia come un balletto calcolato nell’insieme dei particolari con vere e proprie scelte matematiche, di cui si colgono e si elaborano personalmente le impressioni e i messaggi. Non tutti gli elementi sono comprensibili e legati al racconto, tuttavia l’insieme funziona bene: un’ora e un quarto di spettacolo pieno di tensione, avvincente e comunicativo anche se muto.
PASSAGGI – di Riccardo Caporossi; ispirato al racconto Basta di Samuel Beckett; attori: Bianca Barletta, Leandro Bartoletti, Massimo Bonechi, Ilenia Caleo, Vanessa Crespina, Federica De Cola, Sonia Dello Strogolo, Ilaria Di Luca, Federico Favetti, Lisa Franceschini, Simone Fusai, Aldo Gentileschi, Yuri Lari, Valeria Luchetti, Marco Mannucci, Silvia Paoli, Laura Regali, Alessandra Roselli, Lorenzo Salvadori, Davide Savignano, Pasquale Scalzi, Francesco Teresi; attacchini: Luca Cortina, Lorenzo Mencancini; regia Riccardo Caporossi; musiche: Sergio Quarta; luci: Roberto Innocenti