In attesa del debutto previsto per ottobre a Bologna, il comico condisce i suoi paradossali non-sense con qualche riflessione più approfondita.
Dopo diversi anni di repliche del fortunato “Madornale 33” Alessandro Bergonzoni si affaccia alla ribalta con un nuovo spettacolo “Predisporsi al micidiale”. E, tuttavia, non smette mai di sconcertare il pubblico con i suoi indescrivibili, sulla carta, percorsi verbali sempre ai confini dell’indicibile e dell’impensabile. Anche nel suo nuovo allestimento, proposto in anteprima con una serie di repliche di rodaggio venete che ha toccato il Lido di Venezia, Padova e Portogruaro, la parola, con nessi, annessi e…connessi, regna sovrana.
Una vera e propria ubriacatura con cui il solito Bergonzoni (qualche capello bianco in più nella chioma sempre più fluente non ha intaccato la sua proverbiale foga) tiene sotto pressione il pubblico lidense per un’ora e mezza: parlare di pressione non è fuori luogo perché lo spettatore avvertito teme sempre che gli possa sfuggire qualcuna delle incessanti acrobazie verbali (e relative risate) che il nostro sforna a getto continuo.
E val la pena di riportarne qualcuna: dal “pompiere che spegne la vecchia fiamma” al rapinatore che entra in B(i)ancaneve e intima “Nani in alto!” (esseri cari quest’ultimi a Bergonzoni, se più in là si sofferma sul dolore del nano “che vede crescere solo unghie e capelli”), dall'”abnegazione di chi annega” alla confessione strappata a forza di “voler sporcare il coro delle voci bianche”.
Ma nella proliferazione di parole, il cui essere poste una di seguito all’altra parrebbe finalizzato più che altro a far sorridere il pubblico, Bergonzoni trova il modo di affrontare in maniera a suo modo organica la realtà del mondo della lirica traendo spunto da un’operina in cinque (sic!) atti da lui composta: ne narra la trama, dà voce (anche canto) ai personaggi sino a quando “l’orchestra parte per un crescendo e non torna più”. Dal melodramma all’educazione delle giovani generazioni per cui il nostro ha parole accorate: in tema di pedagogia Bergonzoni ha le idee chiare “Ai bambini non bisogna dare tante certezze, bensì una sola la certezza che vi è solo incertezza”.
Insomma, ridendo e scherzando e proponendo di traumatizzare i piccoli togliendo loro certezze del tipo il nome, l’ora di ritorno a casa, il comico (ma questa definizione è decisamente riduttiva) bolognese trova modo di adombrare temi su cui hanno riflettuto pensatori di tutti i tempi. Ma, ovviamente, trova anche il modo di alleggerire questo flusso inarrestabile di pensieri a ruota libera: così alla domanda “Crede nella provvidenza celeste?” si risponde “Sono daltonico”, e, siccome il daltonismo gli sta a cuore, propone una soluzione per quanti sono affetti dal disturbo per superare i semafori “Scendere dall’auto ed andare a toccare le luci dei semafori. Quella più calda è accesa” . Due angeli che brindano: “ala tua! ala tua!”.
E così via con un finale caratterizzato da due lunghi dialoghi in cui con un incalzante “botta e risposta” Bergonzoni privilegia questa forma espressiva.