RICORDANDO PASOLINI

PASOLINI, QUESTO SCONOSCIUTO

Un viaggio alla riscoperta del poeta, del pittore e dell’uomo

Il 2 novembre la morte di Pasolini compirà trent’anni.
Tanti ne sono passati dalla notte in cui fu ritrovato morto, riverso sulla sabbia e con il viso e il corpo tumefatti, sul lungomare di Ostia.
Da trent’anni ormai di lui si ricordano spesso le stesse cose, che fu un grande artista, un regista ecclettico, un originalissimo scrittore.
Forse è giunto il momento di dire qualcosa di diverso, di riscoprire “l’uomo” Pasolini.
Per farlo, evitiamo di utilizzare la cronaca degli ultimi mesi, facciamo finta che il quarantenne Pino Pelosi giudicato colpevole del suo assassinio, risvegliatosi d’un tratto da decenni di omertà, non abbia mai urlato, dagli schermi televisivi all’Italia intera:”Io so”…
Quel “Io so” lasciamolo dire a Pasolini che senza paura ammise di sapere ciò che era più facile nascondere.
Che in Italia politica e mafia andavano a braccetto.
Altro ci sarebbe da dire sulle sue prese di posizione, a volte anche contraddittorie, sulle questioni di attualità: il discorso sui capelloni, sulla legge sul divorzio, sul consumismo di massa.
Niente che possa essere esaurito in questo commento e con poche parole, ma solo con la curiosità di andarsi a leggere qualcosa di persona, perché Pasolini si spiega leggendo Pasolini.
Se infatti di lui si ricorda soltanto il controverso “Salò o le 120 giornate di Sodoma” molto probabilmente il giudizio sarà limitato e forse anche negativo.
Questo per far presente che tuttora Pasolini è considerato da molti un personaggio scomodo perché in vita diceva quello che pensava, perché era un comunista e un omosessuale. Allontaniamoci da tutto questo, se vogliamo davvero capirlo.

E iniziamo a scoprire la sua poesia.
Sì, perché per dire che Pasolini fu un artista tout-court basterebbe limitarsi a dire che per prima cosa fu poeta: il resto viene di conseguenza.

La poesia, che strana cosa: anche Roberto Benighi in questi giorni l’ha proposta in maniera “garbatamente provocatoria” (com’è nel suo stile) al pubblico, nel suo ultimo film, La tigre e la neve. Ma come si fa a mettere della poesia in un film, qualcuno potrebbe dire.
Molti infatti l’hanno criticato, considerando i contenuti e la resa finale inconcludenti e disequilibrati.
Niente di più vero: la poesia esorcizza la realtà attraverso le sensazioni e le impressioni, non c’è niente di razionale, siamo nel campo delle illuminazioni rimbaudiane. Più una poesia sembrerà “vera” è più paradossalmente non lo sarà. Cose non facili da spiegare nè da capire.

Quel che è certo è che la poesia trae ispirazione dalla realtà e racconta l’estrema sensibilità di chi la scrive.
Il poeta è una persona che cerca per tutta la vita di farsi capire (la morte non è nel non poter comunicare ma nel non poter essere compresi, Pier Paolo Pasolini, Poesia in forma di rosa) a volte ci riesce (come Attilio, il protagonista del film di Benigni) mentre a volte resta schiacciata dell’inesorabile peso del nulla e del dolore (come accade all’amico di Attilio, il poeta iracheno Fuad).
Pasolini, per quanto se ne parli, nel bene e nel male, c’è riuscito in pieno.
Quel nulla l’ha esorcizzato con un amore estremo per la vita e per la verità.

Quando ancora era ragazzo, seduto sul terrazzino di casa a Casarsa, spesso si trovava a dover risolvere un dilemma: adesso scrivo poesie o dipingo? Ma la sua giovane età e l’ansia di esprimersi molte volte gli impedivano di decidere.
E finiva che da una parte del foglio faceva il disegno e dall’altra trascriveva una poesia. Le cose non sono poi cambiate, vista la mole di opere prodotte. Così è nato il suo amore per le “cose del mondo”, per la semplicità della gente contadina di Casarsa e per il dialetto furlano.
Ecco, il dialetto: finalmente l’aveva trovata, era quella la lingua giusta per le sue poesie.

Il friulano diventa così un modo di comunicare attraverso un linguaggio assoluto, magico e primordiale. L’unico in grado di arrivare al senso vero delle cose.
Ma le cose oltre alle parole possono essere rappresentate anche dalle immagini, anzi, forse l’immagine è in grado di renderle con un maggiore grado di autenticità, senza convenzioni.
Perché non provarsi anche nella pittura e nel disegno allora, visto il desiderio di cercare modi sempre diversi per esprimersi?
Anche qui però Pasolini mostra il suo carattere poliedrico, visto che i suoi quadri e disegni non sono mai realizzati con tecniche tradizionali. Chicchi di caffè e d’uva spremuti, erba, petali di rosa, gessetti colorati, pastelli diventano infatti il materiale ideale per tele e disegni: l’esercizio artistico diventa una vera e propria comunione mistica con la natura e le proprie sensazioni.

Pasolini comunicatore nasce proprio qui, con la Poesie a Casarsa e matura poi, con Le Ceneri di Gramsci: ma se delle poesie non si sa nulla, come si possono capire i suoi film?

L’amore per l’immagine nasce infatti dall’amore per la parola.
Ecco perché l’ideale viaggio che abbiamo voluto ripercorrere qui, a trent’anni dalla sua scomparsa, si spinge fino alle origini, da Casarsa, a Bologna a Roma, per far sì che questi tre decenni dalla morte abbiano lasciato il segno e non siano soltanto una sterile commemorazione.
Riscopriamo il poeta e il pittore Pasolini e Salò guardiamolo alla fine del nostro percorso di riscoperta, visto che è stato il suo ultimo film.
Un’ultima cosa poi: cerchiamo di giudicare la sua vita e la sua opera con intelligenza, senza perderci in pregiudizi inutili.