Una terra che ispira poesia
Questo viaggio alla riscoperta di Pasolini non può che iniziare però, proprio da Casarsa, la città friulana che più ha influenzato la sua vita e le sue opere.
Casarsa chiude il cerchio della vita e dell’intera opera di Pier Paolo Pasolini.
Qui visse i periodi più felici (la scoperta della poesia e della pittura, l’amore incontrastato per l’immagine che si tradurrà nella regia dei film) e quelli più difficili (le sofferenze per la guerra, la fuga a Roma dopo l’accusa, poi giudicata infondata, di molestie ad un minore) e qui riposa ora, accanto alla madre, nel cimitero cittadino.
E fu sempre in questa piccola “città contadina” che si innamorò delle “cose” e del dialetto friulano, una lingua nella lingua capace, secondo il suo pensiero, di ridare alle “cose” il loro significato più profondo e autentico.
Il dialetto non è un sottoprodotto della lingua dotato in più di qualche sfumatura di colore. Ne è bensì traduzione, metafora, cioè espressione degli stessi oggetti e moti della poesia in lingua su un piano superiore di assolutezza.
(dichiarazioni di Pasolini in risposta alla recensione positiva di Gianfranco Contini su Poesie a Casarsa, 1942)
A Casarsa, quindi, si scoprì poeta.
Seduto nel terrazzino di casa, fin da ragazzo, si ritrovava spesso a dover decidere se dipingere o comporre dei versi: spesso una cosa non riusciva a vincere l’altra, e Pasolini utilizzava un lato del foglio per disegnare, mentre sul retro scriveva dei versi (cfr il disegno “La nonna morta”, Pier Paolo Pasolini, Dipinti e disegni, Firenze, edizioni Polistampa, 2000).
Questo fa capire da dove nacque il suo carattere poliedrico di uomo e d’artista e soprattutto, l’innato amore per la vita e le cose del mondo.
Sempre a Casarsa poi, capì che era solo questione di tempo. E poi il mondo contadino, con la sua autentica semplicità e il suo dialetto, sarebbe scomparso per sempre per lasciare lo spazio al silenzio, l’incapacità di comprendersi e di essere compresi.
Qui è solitudine. Gomito a gomito col vicino, vestito nei tuoi stessi grandi magazzini, cliente dei tuoi stessi negozi, lettore dei tuoi stessi giornali, spettatore della tua stessa televisione, è il silenzio.
(Pasolini ricorda, citato in Una vita futura a cura dell’Associazione Fondo Pasolini, Roma 1985, p.191)
Ecco perché, chi vuole veramente capire dove inizia e dove finisce la sua particolare visione del mondo, deve partire da Casarsa per poi proseguire per Bologna (dove visse gli anni dell’università) e Roma (dove si trasferì a seguito della fuga da Casarsa).
Nella sua casa d’infanzia, ora trasformata in un Centro studi, si possono scoprire i particolari meno conosciuti della sua vita e dell’opera pittorica e grafica. Un’intera sala è infatti dedicata anche ai suoi quadri e ai suoi disegni, spesso dimenticati da critici ed esperti.
Ad un chilometro dal centro poi, nel cimitero comunale, finisce la storia di Pasolini e il viaggio di ogni turista, che con stupore scopre l’umiltà della lapide in cui giace, accanto alla madre Susanna. Ed è in quel momento che tanta semplicità risuona, e i versi delle sue poesie si mescolano alla realtà.