Giunto alla sua 14° edizione il Film Festival di Verona “Schermi d’amore” ha dovuto lottare per mantenersi all’altezza della sua tradizione e delle aspettative dei fedeli cinefili che lo seguono dalla nascita. La manifestazione soffre, infatti, di impietosi tagli al bilancio che ne hanno ridimensionato la durata e in parte minato lo spirito di accoglienza che lo caratterizzava. Altro limite preoccupante la scelta del calendario che lo vede, per buona parte della sua durata, in competizione con il più vetusto Filmfestival della montagna di Trento che si svolge circa, nello stesso periodo. Nonostante queste difficoltà l’appassionato impegno degli storici fondatori e dell’intero staff ha permesso l’offerta di un bouquet di opere capaci di coniugare i sentimenti in tutte le loro gamme.
Ad aprire la rassegna è stato un vero cult movie che ha commosso le platee dei primi anni Cinquanta tratto da una favola di Hans Christian Andersen. Le vicende della ballerina che, identificandosi con la protagonista della fiaba travolta da passione e disperazione, balla fino alla morte, è in quadrata in una delle scenografie più apprezzate dei ballet film e accompagnata da musiche trascinanti e indimenticabili. Si ritrova il duo dei registi che l’ha diretta Michael Powwell e Emeric Pressburgher anche nel film di chiusura l’altrettanto famoso Narciso nero del 1946.
Vari registi già presenti nelle precedenti edizioni hanno scelto di portare a Verona le loro opere in anteprima, da André Téchiné con La Fille du RER che vede come protagonista Catherine Deneuve, a Vicente Aranda Luna caliente, in cui la suspense si intreccia con un forte erotismo, a Benoit Jacquot autore di Villa Amalia ricco di due forti motivi di attrazione lo splendido sfondo di Ischia e l’interpretazione della brava Isabelle Huppert icona consacrata dei film di Oltralpe.
Il Festival vanta in anteprima mondiale Dear John di Lasse Hallstrom incipit di una lettera mandata dalla sua ragazza al fidanzato soldato in ferma volontaria alla vigilia dell’11 settembre.
Una mini rassegna ha riportato in scena un genere non troppo apprezzato in questi tempi, quello delle biografie. Ne vengono riproposte alcune attraverso una mini rassegna di Ken Russel con sei titoli fra cui la vita di Ciakowski e Mahler e Rodolfo Valentino.
“Mi piacerebbe essere un regista non classificabile, ma è complicato perché l’industria cinema è fragile e i produttori vogliono che tu faccia quello che, secondo loro, ti riesce meglio”. A esprimersi in tal modo è il regista spagnolo Miguel Albeladejo (che si è visto assegnare in questa edizione un premio alla carriera), vincitore nel 2002 del massimo riconoscimento di Schermi d’amore.
Dopo una serie di melodrammi, il regista spagnolo ha deciso di sperimentare un film di stampo nuovo Rancor storia di personaggi adulti maltrattati dalla vita, di rancore spinto all’eccesso, di bambini anomali rispetto alla tradizione cinematografica, lontani dagli stereotipi abituali di bambini bravi e giudiziosi. Una tragedia moderna, fatta, non di sangue, ma di degrado morale, squallore, miseria morale ed economica. La scenografia inquadra ambienti piccoli borghesi degradati e anonimi nella loro triste banalità, i corpi di uomini e donne sono per lo più disfatti, messi a nudo nella loro volgarità esibita. Nessuna speranza di riscatto umano o sociale , uccisa dal personaggio del bambino perverso che lascia intravedere l’uomo che verrà.
Se si vuole uscire da questa disperante atmosfera, basta abbandonarsi alle certezze e ingenuità dei vecchi amati film hollywoodiani, come Amamai o lasciami di Charles Vidor, interpretato da un James Cagney gangster innamorato e da una Doris Day cantante da lui proiettata al successo che si sforza, senza riuscirci, ad essere perversa per non farsi rinchiudere nel ristretto clichè di “fidanzata d’America” e dimostrare che oltre che a cantare e ballare è brava anche come attrice.
Conservato ormai più per ragioni di identità il nome di festival del melodramma, da tempo la manifestazione veronese contiene film di ogni genere e stupisce che la classe politica della città, non si renda conto del suo valore culturale ricco di prestigio e si debba ad ogni edizione temere che sia l’ultima. Schermi d’amore , infatti anche quest’anno ha proposto film capaci di appassionare nonostante temi non proprio attraenti come quello dell’immigrazione (La straniera di Marco Turco ne è un esempio), o della droga (Le refuge di Francois Ozon, film dai toni sommessi girato con maestria e umana partecipazione).
Meritatissimi i due premi maggiori: il Premio Giuria giovani è stato assegnato a Against the current di Peter Callahan con la seguente motivazione: per la capacità di riuscire a trattare tematiche complesse come quella della morte e del dolore con umorismo e delicatezza senza cadere nel moralismo. La corrente del titolo è quella del fiume Hudson contro cui deve lottare il protagonista, deciso a vincere la sfida di percorrerlo a nuoto lungo tutto il suo corso prima di togliersi la vita e raggiungere in cielo l’amata consorte.
La rosa di Schermi d’amore è andata a Paul Morrison per Little Ashes che indaga sul giovanile rapporto di amicizia fra Garcia Lorca, Louis Bunuel, Salvador Dalì con freschezza di toni anche se in modo tradizionale e senza lampi di genialità.