“Six Feet Under”

Un’opera di assoluta perfezione che mostrando l’ultimo respiro di ognuno dei protagonisti, nelle immagini che scorrono lungo il viaggio verso New York di Claire (quasi come se potesse vedere il futuro di tutti loro di li a tanti anni o lo stesse semplicemente immaginando), permette allo spettatore di comprendere il forte senso di speranza dell’autore nei confronti di un mondo in cui la famiglia resterà comunque presente, non a caso ognuno di loro morirà con accanto il famigliare più amato o più importante della propria lunga esistenza.

Nel 2025, Ruth ha tutti accanto a se nel suo letto d’ospedale, ma è solo quando “vede” Nate che lascia questo mondo, passando avanti allo sguardo di Nathaniel. Nel 2044, David, nel corso di un picnic con la sua famiglia, ha un infarto e crolla a terra stecchito in modo rocambolesco quando crede di vedere il suo defunto compagno Keith da giovane mentre gioca a football (ucciso, nel frattempo, nel 2029 nel corso di una rapina mentre svolge il suo lavoro). Nel 2049, Federico ha finalmente modo di riposarsi in una crociera con Vanessa, si alza dalla sua sedia a sdraio, la bacia e cade per terra morto. Nel 2051, una Brenda consumata dal Parkinson, muore con accanto il fratello Billy che continua a tormentarla con le sue ossessioni (Alan Ball, nelle interviste, disse che Brenda era morta perché Billy l’aveva uccisa a furia di dirle le sue solite cavolate!). Infine, Claire, nel 2085, alla veneranda età di 102 anni, muore cieca nel letto della sua casa, ma può vedere tutte le foto fatte ai suoi componenti famigliari, ormai tutti morti, che lei aveva scattato nei momenti salienti delle loro ricche vite. Agli occhi della Claire morente e cieca si sovrappongono quelli della giovane Claire che sta guidando verso la strada infinita del suo futuro. In questo caso, il concetto della memoria acquisisce una base “simmetrica” con quello di “famiglia”.

Infatti, con Six Feet Under, il più minuscolo dettaglio della struttura famigliare è stato analizzato al microscopio, le strutture linguistiche e narrative della serialità, dove ogni episodio sembra un film a se stante (specie quelli girati e scritti da registi e sceneggiatori importanti come Jeremy Podeswa, Ball stesso, Nancy Oliver, Craig Wright ecc), sono state sperimentate. Grazie a questa serie che eredita i meccanismi dell’analisi sociale contemporanea del television movie e della linguistica della cinematografia indipendente, ma li rielabora in maniera personale, non molto altro può essere ancora detto. Ma non si sa mai.

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