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J.C. debuttò qualche anno fa al Festival di Berlino con uno dei film più sottovalutati di tutti i tempi, Margin Call, un thriller finanziario, certo impegnativo, ma avvincente.
Passato a Cannes e ora al Torino Film Festival, JC Chandor propone All is Lost, un’improbabile storia, sulla carta affascinante, sullo schermo ridicola, di un uomo (Robert Redford) naufragato a sud dell’Equatore.
L’idea è mastodontica e affascinante: un western solitario, ma senza polvere e pallottole, bensì solo acqua, acqua ovunque; un uomo (solo lui, per tutta la durata del film), che deve lottare unicamente con le sue forze, contro la natura, un faccia a faccia con il narcisistico e imprevedibile oceano, in solitudine e in condizioni estreme.
Cominciamo dall’inizio: troviamo quest’uomo, non sappiamo come si chiama, in mezzo al mare, sulla sua elegante barca a vela, forse sta facendo un giro in solitaria; scopriamo che, durante la notte, un container, perso da qualche nave cargo, è andato a picchiare nella sua barca, squarciandola da un lato. Inevitabilmente sta imbarcando acqua, che prepotente invade e sommerge quasi tutto, ma nel tutto è ricompresa la radio. Senza farsi prendere dallo sconforto, l’uomo inizia una serie di manovre, per sganciarsi dal container e riparare la barca. Deve poi affrontare ben due tempeste feroci e tumultuose, che lo costringono ad abbandonare la barca e gettarsi su un canotto di salvataggio, con qualche scatoletta di scorta e una bussola.
Forse vestendoci con un atteggiamento supponente, potremmo dire che per noi questo film, con una narrazione mitologia nella sua violenza implacabile, quasi prestabilita, poteva anche finire a questo punto, per non disturbarci dall’ansia che ci ha lasciati agonizzanti, guardando quest’uomo pacato, dai movimenti intuitivi e sicuri, cercare di portare in salvo sé stesso. Robert Redford in questo ha una fisicità e sicurezza tali da governare il film con uno splendore espressivo unico.
Chandor, e questo non glielo perdoniamo, non è riuscito a fermarsi un attimo prima di gettare nel ridicolo un lavoro fatto di pathos, che avrebbe potuto essere memorabile.
Perché, da quel momento, dall’abbandono dell’ albero maestro, non sono più gli dei a giocare a dadi con il destino dell’Uomo, non c’è più il suono cullante delle onde del mare, poi divenuto un grido rumoroso nella vastità, non c’è più il clima di tensione dei migliori thriller nè il susseguirsi concitato di eventi, che fa naufragare e fa emozionare lo spettatore. Da quel momento l’umanità narrativa intrecciata a una letteratura filmica, se vogliamo mitologica, che ha reso impermeabile All is Lost a qualsiasi critica si frantuma come un’onda sugli scogli, ma senza poesia. Da quel momento, sembra incredibile, ma pare di assistere a “le avventure di Pippo in mezzo al mare” e quell’eroico uomo pare diventare uno sfigato a cui gliene capitano di tutte, da “indifferenti” navi porta container agli squali; e lo spettatore inizia a muoversi con inquietudine sulla sua poltroncina, a dir poco scocciato da una virata brusca e tragicomica, ma che non fa sorridere, perché riesce solo a indispettire.
E l’incanto svanisce, l’emozione si tramuta in incredulità, l’opera epica diventa una farsa inverosimile.
Titolo originale: All Is Lost
Nazione: U.S.A.
Anno: 2013
Genere: Drammatico
Durata: 106′
Regia: J.C. Chandor
Sito ufficiale: www.allislostfilm.com
Cast: Robert Redford
Produzione: Before The Door Pictures, Washington Square FilmsData di uscita: Cannes 2013.
31 TFF
Cinema: 6 febbraio