Una leggenda metropolitana giapponese narra di una donna dalla bocca tagliata da orecchio a orecchio, alta, mora, con una mascherina da chirurgo a coprirle il viso, vestita con un lungo impermeabile, con delle lunghe forbici in mano e che vaga senza meta domandando a chiunque incontri: “Non sono carina?”; questa donna rapisce bambini e li sfregia per poi lasciarli morire.
Quando nella piccola cittadina di Midoriyama un bambino viene rapito, e la descrizione del rapitore coincide con quella della donna della leggenda, il panico si diffonde a macchia d’olio. A tentare di risolvere il mistero, e portare in salvo i bambini che mano a mano scompaiono, ci pensano due maestri della locale scuola elementare (in pensiero per le sorti degli alunni): Matsuzuki, un mite insegnante con sulle spalle un’infanzia di violenze subite, il quale riesce a percepire i luoghi in cui verranno rapiti i bambini, e Yamashita, una donna separata dal marito, con alle spalle una storia di violenze perpetrate ai danni della figlia Ai. I due scopriranno il nascondiglio del mostro dalla faccia squartata e proveranno a salvare i bambini e portare a casa la pelle.
Il giovane trentaquatrenne Shiraishi Koji (in passato assistente del grande Ishii Sogo) era già conosciuto nel giro dei festival italiani avendo partecipato, nel novembre scorso, alla manifestazione di Torino, per di più nel concorso ufficiale, con la sua opera prima Noroi (The Curse). Per tutti coloro che l’avessero malauguratamente dimenticata, si tratta della versione nipponica dell’americano The Blair Witch Project.
Il secondo lavoro di Shiraishi Koji viene presentato a Udine, nel contesto dell’Horror day. Francamente era difficile fare peggio rispetto al film precedente; il giovane regista giapponese migliora sicuramente, ma il risultato lascia comunque a desiderare. Migliora perchè il rigore formale che ammanta la prima parte della piccola ricorda un po’ la bellezza estetica della messa in scena del connazionale Kurosawa Kiyoshi (Loft, Sakebi (Retribution), quest’ultimo visto fuori concorso all’ultima edizione del Festival di Venezia), mancando però della sensazione di angoscia e terrore che la perfezione formale di Kurosawa trasmette. Comunque un minimo di tensione si crea, e l’abilità registica di Shiraishi lascia sperare in qualcosa di buono. Le note decisamente dolenti arrivano dal versante sceneggiatura, curata dallo stesso regista insieme a Yokota Naoyuki: caratterizzazioni dei personaggi insulse, flashback terribilmente ovvi, pacchianate altamente naif non fanno altro che suscitare un’ilarità non certo ricercata, e ben diversa dalla risatina nervosa che un buon horror dovrebbe far scaturire nello spettatore.
The Slit-Mouthed Woman
Regia: Shiraishi Kôji
Anno: 2007
Durata: 90′ min
Stato: Giappone