Artista eclettico, multimediale, Artan Shabani con questa serie di immagini torna a un’antica passione, la fotografia.
Immagini policrome dai colori accesi nelle quali si percepisce un dialogo, seppure a distanza, con la propria produzione pittorica. L’oggetto della ricerca, il leit motif che caratterizza questo suo temperamento, non abbiamo difficoltà a riconoscerlo nella fiera e ostentata appartenenza alla terra e cultura albanese. Proprio in Albania ho conosciuto Artan Shabani nel corso del nostro rispettivo coinvolgimento alla manifestazione tenutasi questa estate a Porto Palermo, io come curatore, Artan come artista. In seguito ho avuto occasione di rincontrarlo a Valona dove alterna la sua residenza con l’Italia, in particolare con Torino.
La casa-studio dove usualmente risiede è una galleria d’arte in cui sono esposte le sue opere e dove colleziona i lavori di altri artisti nei quali si è in qualche modo imbattuto nei suoi diversi spostamenti. Shabani è consapevole del valore storico della cultura che gli appartiene per origine e in tal senso vuole stabilire con la sua arte un ponte tra oriente e occidente, com’è d’altronde naturale che fosse sin dal tempo degli antichi greci e poi dall’epoca dei romani, ma che in occidente abbiamo contribuito quasi a rimuovere nella limitata, ma ancora predominante, visione eurocentrica. Si tratta di un ponte che d’altronde ha segnato indelebilmente la nostra storia ed è tuttora fondamentale ripristinare nel collegare l’occidente, attraverso l’Italia, l’Austria i Paesi Slavi della costa Adriatica, all’oriente turco e soprattutto balcanico, così ricco di fascino e di una ricca tradizione tutta ancora da riscoprire.
A dire il vero ci sono già stati alcuni pionieri in tale tipo di ricerca anche nella storia dell’arte, fin dalla nascita di una delle prime e più riconosciute scuole europee, quella di Vienna. Si consideri in proposito il misconosciuto Josef Strzygowski, che però, – e non se ne conoscono ancora i precisi motivi di discriminazione nei suoi confronti, forse ideologici, – fu seriamente boicottato da altrettanto grandi nomi della disciplina come Julius von Schlosser Magnino e Max Dvorak, suoi colleghi, ma accaniti antagonisti, all’interno dello stesso istituto. Strzygowski che pure si è addentrato in questi territori per una più ”oggettiva” ricostruzione storica ed estetica di tale tradizione, è ancora ignorato e i suoi testi, come ad esempio Oriente o Roma, fondamentale per un’inedita ricognizione dell’origine dell’arte medievale, non sono stati ancora tradotti in altre lingue.
L’Albania è una nazione che come diversi Paesi dell’ex cortina comunista è passata indenne, per lo meno senza eccessivi traumi, a un sistema democratico, consentendo di riesumare in termini abbastanza integri la ricchezza del suo passato. E’ su questa linea che Shabani conduce la sua ricerca protesa tra natura e storia, tra oriente e occidente, tra ebraismo, cattolicesimo, cristianesimo greco-ortodosso di matrice bizantina e mondo islamico, quando ancora, lontani dalle deformazioni dei luoghi comuni che hanno contribuito a deteriorare una visione oggettiva delle cose e dei fatti, tali realtà con civiltà e senza alcun fanatismo proveniente da nessuna delle parti, dialogavano tra loro nella costruzione di un mondo cosmopolita cui è necessario tendere nel nuovo assetto che si è venuto a determinare nel mondo con la globalizzazione. Ecco allora che un qeleshe o un fez che a dir si voglia, le vesti degli svolazzanti ed eleganti dervishi, uno chador calato sul viso di una donna o il canto del muezzin e la preghiera in moschea, ci risultano maggiormente familiari, con tutti i veri valori che accomunano le rispettive tradizioni.
“Artan Shabani – The labyrinth of memory”
dal primo al 30 marzo 2008
GALLERIA IL QUADRATO
Via Palazzo Di Città 1
10023 Chieri-Torino
Ingresso libero
vernissage: 1 marzo 2008, ore 16
telefono: +39 3477286203;
email: artan_shabani@libero.it
orario di apertura: 10-18.