“Ti prendo e ti porto via” di Niccolò Ammaniti

Trappole esistenziali. Sono i pensieri inespressi, le deludenti illusioni, le piccole, micidiali frustrazioni quotidiane di chi chiede solo di essere riconosciuto. Quando la sensibilità e il bisogno di tenerezza vengono considerati come debolezze da estirpare.

“Ti prendo e ti porto via” descrive i differenti modi di affrontare il mondo, a seconda delle età e delle diverse personalità, dei personaggi coinvolti nella narrazione. L’amicizia di un ragazzino irresoluto e sognatore con una bella e intraprendente compagna di scuola. La sofferta relazione tra un playboy quarantenne cronicamente immaturo e una timida, castigata professoressa.

Forza e debolezza, compassione e crudeltà, altruismo ed egoismo, sono opposti che l’autore fonde insieme con la naturalezza di chi è ben consapevole della complessità dell’animo umano. Come i tasselli che compongono un mosaico, l’incrocio di vite con altre vite è ciò che determina una visione d’insieme fatta di tanti, piccoli frammenti appiccicati uno accanto all’altro. Sono i frammenti di chi, dopo tanti errori, tenta a fatica di ricomporre i cocci rimasti della propria esistenza. Sono i frammenti di personalità dissestate che hanno perso o non hanno ancora trovato la propria identità.

Sono le fratture permanenti provocate dalle proprie fragilità. Ogni singolo tassello di vita non può fare a meno degli altri. Perché se ognuno è artefice del proprio destino, è anche vero che l’amore degli altri condiziona inevitabilmente l’amor proprio. La profondità della sofferenza può, allo stesso modo, elevare l’anima al cielo o abbassare le azioni umane a stadi primordiali. In ogni caso, permane inguaribile nell’uomo un immanente senso di dissesto personale. Come se le persone, ospiti del mondo, fossero sempre in qualche modo fuori posto.

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