Dissacrante, travolgente, coloratissima: ritorna la parodia di Ubu Roi, di Alfred Jarry, ripresa anche per questa stagione dalla compagnia Quelli di Grock e rappresentata al Teatro Leonardo di Milano con un sapiente miscuglio di ironia, comicità e amarezza.
In questo testo Jarry mette in luce le peggiori caratteristiche dell’essere umano, dalla stupidità alla ferocia, dalla meschinità alla codardia. Ubu vuole diventare re di Polonia e per questo sarà disposto ad ingannare, abbandonare, tradire e uccidere: tutto per il potere. Ed ecco che il personaggio diventa caricatura, l’uomo diventa mostro, in nome di qualcosa che, se ottenuto in un certo modo, condanna sempre e comunque alla solitudine. Una volta ucciso re Venceslao, Ubu è il nuovo re e, sempre più sedotto dalla sete di potere, non esita ad eliminare anche chi nell’impresa lo aveva aiutato, chi prima poteva essere considerato “amico”. Ritrovandosi sempre più isolato e costretto poi a fuggire per evitare la controrivolta dei sostenitori della famiglia reale, in aiuto del figlio del re, unico sopravvissuto e legittimo erede al trono. E durante la fuga, dove nella disgrazia ritrova i vecchi compagni e la madre Ubu, prima abbandonati ma prontamente “recuperati” nel momento del bisogno, viene mostrato anche tutto l’opportunismo di cui in molte situazioni l’uomo è capace, prima ingrato verso chi gli è stato d’aiuto e poi squallidamente pronto a “fare squadra” nel momento del bisogno, quando la ventura si trasforma improvvisamente in sventura. Dunque fugge il padre Ubu per salvare la pelle, non più re, con i suoi compagni ritrovati, su una barca travolta dal vento: a significare che là dove l’uomo non è capace né meritevole di dare un senso alla propria vita, diventa un fantoccio in balia degli eventi, costretto a soccombere al destino perché debole e incapace di confermare ogni giorno la propria esistenza con azioni giuste e valorose.
L’impietosa immagine che l’autore volle dare del genere umano vale oggi come valse al debutto della commedia, nel 1896. Più di un secolo dove tutto attorno all’uomo è cambiato tranne l’uomo stesso. L’attualità del personaggio di Ubu e di chi gli sta accanto è data dagli eterni difetti umani, che il pubblico non fatica ogni volta a riconoscere, difetti che si amplificano all’eccesso una volta che l’uomo è messo di fronte alla tentazione più grande: il potere. Il padre Ubu, così come la madre Ubu, brama al potere, alla gloria, alla ricchezza, che poi però non vuole dividere con nessuno: ciò che classicamente accade a chi si trova all’improvviso tra le mani qualcosa che lo abbaglia ma che non è in grado di gestire. Jarry ci insegna che il comando è per pochi e che, a differenza di quanto ognuno pensa di se stesso, non tutti sono capaci, né soprattutto degni, di averlo. Per questo tutto ciò che l’uomo fa per ottenerlo diventa ridicolo: la guerra per il potere diventa sul palco una farsa, là dove esiste per i motivi più futili e là dove il fine smette di giustificare i mezzi. E clowneschi diventano i personaggi, gli uomini, che si comportano in maniera assurda ma anche infantile, dimenticando i veri valori della vita.
La scelta registica, dai costumi alle scenografie agli oggetti di scena, ha saputo mantenere in maniera brillante l’eredità del testo, tratto dall’autore da una commedia per marionette. Squisita l’interpretazione di Quelli di Grock che hanno saputo dare il giusto valore all’opera e, ancora una volta, destreggiarsi sul palco in maniera quanto mai istrionica.
Ubu Re
da Alfred Jarry
Riduzione adattamento e regia: Susanna Baccari, Claudio Orlandini
Con: Pietro De Pascalis, Marco Oliva, Manola Vignato, Max Zatta
Scene e costumi Carlo Sala
Musiche Gipo Gurrado
In scena al Teatro Leonardo da Vinci dal 30 gennaio all’11 febbraio 2007
Via Ampere 1, Milano