VANGI. Sculture e disegni

E’ appena inaugurata ma è già un successo di pubblico la bella mostra patavina dedicata a Giuliano Vangi (Barberino di Mugello –
Firenze, 1931). Quindici sculture e una trentina di disegni per ripercorrere l’evoluzione artistica di
quello che è uno dei maggiori artisti italiani viventi, tra opere “storiche” e altre più recenti e
drammaticamente legate agli eventi di questo inizio millennio.

La prima cosa che colpisce il visitatore all’ingresso della mostra, oltre al meraviglioso ciclo di affreschi che orna Palazzo della Ragione, la più estesa sala pensile al mondo, è il suggestivo allestimento progettato dallo Studio Architettura Barato: una scalinata centrale accoglie gli ultimi lavori, mentre ai lati, nelle due corsie perimetrali, si possono ammirare le opere degli anni passati e i disegni preparatori.

La mostra si snoda quindi lungo un percorso che va cronologicamente a ritroso, anche se forse proprio partendo dalle prime opere in esposizione, quelle dei primi anni ’70, si riescono meglio a cogliere i cambiamenti stilistici e tematici che hanno caratterizzato l’opera dello scultore toscano, specie negli ultimi anni. Tra le prime si distingue “Donna che ride”, opera in alluminio policromo del ’68 in cui il corpo deforme e scosso dalle risate trasmette un sentimento di inquietudine, aumentato dalla vista delle protesi usate per realizzare i denti. Una contaminazione di materiali (bronzo, nichel, argento, marmo, avorio, oro, ma anche protesi oculari e dentali) che mantiene però inalterata l’armonia ed il rigore delle forme, e costruisce quelle fisionomie riconoscibili che sono il tratto distintivo di Vangi.

Degli anni ’70 sono “Iacopo” (1979, bronzo e lega di nichel), “Clelia” (1974/75, marmi policromi), mentre gli anni ’80 sono rappresentati da una serie di ritratti, dove l’uso del nome proprio lascia sempre più spazio a figure dagli appellativi asettici e tipizzati, come “Uomo in piedi con i capelli rossi” (1980, in bronzo, rame, nichel, argento e oro), “Uomo seduto” (1990) o “Uomo con cappotto” (2000, in ebano e legno di bosso).

Esemplari di un’umanità fragile, con la solitudine e le inquietudini tipiche dell’epoca contemporanea, in cui è possibile ammirare il tratto liscio, limpido e levigato di Vangi. Le uniche speranze residue sembrano provenire dalle figure femminile, seduttive e salvifiche, come “Elena” (1980, marmi policromi, avorio e oro), o la “Ragazza con cappotto” (1989, bronzo e lega di nichel), che a differenza del suo corrispettivo maschile affronta il mondo con un sorriso leggero ma sicuro.

Si tratta di opere in molti casi celebri, che hanno contribuito alla notorietà dell’artista, il quale ha partecipato alle più importanti rassegne d’arte come la Biennale di Venezia, il FIAC di Parigi, Art di Basilea. Nel 1998 l’Accademia Nazionale dei Lincei gli ha conferito il prestigioso premio “Antonio Feltrinelli” per la scultura. Una fama di portata internazionale: a Mishima, non distante da Tokyo, sorge il Museo Vangi inaugurato nella primavera del 2002. Un tributo eccezionale, se si pensa che è la prima volta che il Giappone intitola una struttura espositiva permanente a un artista occidentale.

Man mano che procediamo nel percorso di Vangi e più i toni si fatto cupi. Ogni speranza sembrano infatti precludere le opere degli ultimi anni, che come abbiamo visto vengono presentate lungo una salita che porta il visitatore ad un crescendo drammatico verso alcune dimostrazioni della violenza di cui è capace l’uomo. Si comincia con “Uomo e caprone” (2003), e “Uomo e animale” (2004), simboli di una lotta arcana con la natura di cui si è persa però ogni sacralità, e dove si manifesta la regressione dell’uomo alla stato animale. Le tre opere successive rappresentano invece l’eterna oppressione dell’uomo sull’uomo: ne “Il vincitore” (2004) e in “Ares” (2004) i volti sono solo accennati e le bocche sono spalancate in un grido angosciato che accomuna vittima e carnefice. Queste opere, tutte realizzate in bronzo, segnano una svolta nello stile di Vangi: i volumi si fanno più indefiniti, la deformazione assume toni drammatici e bestiali e la materia è trattata in modo più grezzo. Si perde quell’eleganza che caratterizzava i lavori precedenti, ed i soggetti perdono in oggettività diventando sempre più ritratti dell’animo umano.

La violenza culmina con il terribile realismo di “C’era una volta” (2005, resina policroma), opera inedita e mai presentata al pubblico, dove due imponenti e grigie figure dei boia, tengono sospesa per i capelli una testa mozzata da cui gocciola il rosso del sangue. Una scena tristemente nota, che sembra essere un monito dell’artista nei confronti delle degenerazioni di tutte le guerre.

VANGI. Sculture e disegni.
Padova, Palazzo della Ragione (ingresso da via 8 febbraio),
dal 22 maggio al 24 luglio 2005
Orario 9.00 – 19.00, giovedì anche orario serale 21.00-23.00
Lunedì chiuso.
Ingresso (comprensivo dell’ingresso al monumento):
€ 8,00 ridotti € 5,00.
Mostra promossa dal Comune di Padova – Assessorato alla Cultura con la collaborazione dello Studio Copernico di Milano. Direzione della Mostra: Alessandra De Lucia, Mirella Cisotto.
Segreteria organizzativa: Fiorenza Scarpa.
Progetto di allestimento e coordinamento artistico Barato Studio Architettura, architetti Eugenio e Marianna Barato.
Allestimento “L’artigiana”, Squadra allestimenti Settore Attività Culturali .
Catalogo edito dalla Bandecchi e Vivaldi di Pontedera, contiene saggi introduttivi di Sergeij Androssov, Guglielmo Monti e Giorgio Segato.
Per informazioni: biglietteria Palazzo della Ragione, tel. 049-8205006, e-mail scarpaf@comune.padova.it, , fax 049- 8204545
http://padovacultura.padovanet.it
Ufficio Stampa: Studio Esseci – Sergio Campagnolo tel. 049.663499 info@studioesseci.net

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