“WHERE ARE WE GOING?”

Venezia, 30 aprile 2006. Preview ristretto per la stampa, inaugurazione in pompa magna e cena privata all’Arsenale per ospiti illustri: queste, oltre alle più importanti opere d’arte degli ultimi decenni, sono le caratteristiche dell’attesissimo sbarco in laguna della collezione di François Pinault.

Il grande magnate francese infatti, proprietario tra l’altro dei marchi Gucci, Yves Saint Laurent e della casa d’aste Christie’s, ha organizzato nella splendida sede di Palazzo Grassi, con estrema attenzione e senza badare a spese, l’esposizione del dieci percento delle opere della sua collezione privata, da oggi visitabile al pubblico. Un’operazione giustificata in pieno dalla straordinaria qualità delle opere esposte.

La mostra, curata da Alison M. Gingeras, è davvero degna di nota: presenta infatti i lavori di quarantanove artisti, per un totale di circa duecento opere, raccolte da Pinault in trent’anni di passione per l’arte. Già dall’esterno si possono ammirare i lavori dal tocco infantile di Jeff Koons e Takashi Murakami e l’installazione luminosa realizzata per l’occasione da Olafur Eliasson, che copre l’intera facciata del palazzo. Entrando nell’edificio settecentesco, completamente ristrutturato con sapiente minimalismo dall’architetto di fama internazionale Tadao Ando, si rimane affascinati dalla luminosità che questo ha acquisito grazie ad un allestimento semplice e poco invasivo. A terra vi è un pavimento di alluminio e rame di Carl Andre e sollevando lo sguardo si può osservare la simpatica installazione di Urs Fisher composta da 1700 gocce arancioni di gesso sospese nell’aria grazie a fili di nylon.

Molte sale sono dedicate ad un unico artista, come Mark Rothko, Jeff Koons, Piero Manzoni, Bruce Nauman, Keith Haring, Donald Judd, Dan Flavin, Cindy Sherman. Tra le opere più significative, è doveroso ricordare “Him” (2001) di Maurizio Cattelan, il ritratto in cera di un Hitler di dimensioni ridotte che inginocchiato prega rivolto verso un angolo della stanza, e le enormi mucche sezionate e conservate in formaleide di Damien Hirst che suscitarono tanto scalpore al punto da venir bollate come “blasfeme” dal sindaco di New York Rudolf Giuliani (“Some Comfort Gained from the Acceptance of the Inherent Lies in Everything”, 1996). Di Hirst è anche l’opera che da’ il titolo all’intera mostra: “Where Are We going? Where Do We Come From? Is There a Reason?” (2004), frase che riprende in chiave ironica la famosa domanda formulata da Paul Gauguin nel secolo scorso.
Tra gli altri nomi da ricordare ci sono: Andy Warol, Barbara Kruger, Luc Tuymans, Antoni Tàpies, Bernard Frieze, Agnes Martin, Richard Serra; e tra gli italiani: Lucio Fontana, Mario Merz, Giulio Paolini, Michelangelo Pistoletto.

La mostra del francese Pinault ha moltissimi meriti: il primo è di darci l’opportunità di rivedere alcune tra le opere che, pur non rappresentando più una novità, hanno fatto la storia dell’arte più recente, il secondo è di aver fatto rinascere a Venezia, dopo la gestione Agnelli, quell’importante centro culturale che è sempre stato Palazzo Grassi, il terzo è infine quello di aver portato l’arte contemporanea a Venezia, città che, Biennale a parte, ha raramente creato occasioni per ospitarla.

“Where Are We going?” resterà aperta fino al 1 ottobre 2006 e merita senz’altro di essere visitata.

“WHERE ARE WE GOING?”
Venezia, Palazzo Grassi
Dal 30 aprile al 1 ottobre 2006
Orari di apertura: tutti i giorni dalle 10.00 alle 19.00
Biglietti: intero 10 euro, ridotto 6 euro
Per informazioni: tel. 041 5231680, fax 041 5286218
www.palazzograssi.it

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