Venezia: “Why don’t you play in hell?” di Sion Sono

Nuovo Cinema Inferno

Venezia 70. Orizzonti
Hirata e i suoi amici crescono con il sogno di realizzare un giorno il film perfetto. Alla soglia dei trent’anni, si trovano con gli stessi sogni, una manciata di video amatoriali e un attore feticcio che sbarca il lunario come cameriere nell’attesa di diventare il “Bruce Lee” giapponese. L’occasione per il grande salto arriva quando una gang yakuza li contatta per girare un grande action movie con protagonista la figlia del boss Muto, Mitsuko. Cedendo alle suppliche del timido Koji, innamorato di Mitsuko, la scalcagnata armata si appresta a filmare dal vivo lo scontro fra la gang di Muto e i loro eterni rivali, katana alla mano e cinepresa sulle spalle.

La bambina che brandisce saltellante due spazzolini sui titoli di testa al ritmo del tormentone “Digrigna i denti a tutta forza, let’s go” mette subito in chiaro che siamo nel regno del pop. Nip-pop. Dove uno spazzolino si trasforma in una scimitarra e una mitragliatrice in una macchina 35mm. Sion Sono torna al Lido dopo il successo di Himizu, che era valso nel 2011 il premio Mastroianni ai due giovani protagonisti, Shota Sometani e Fumi Nikaido. E la giovane Nikaido torna due anni più tardi nella veste di una spietata femme fatale.

Un Sono scoppiettante, eclettico, si lancia impavido dal noir al pulp, dal racconto di formazione alla storia d’amor fou. Il clash stilistico è eccessivo, ma di quell’eccesso camp che solo il Sol Levante sa concepire con tanto sprezzo del pericolo, quello che ti incolla allo schermo per vedere quanto in là può schizzare il sangue arterioso, quanti colori possono resistere nella stessa inquadratura, quanti motivi floreali si intrecciano in una camicia yakuza.

Ma al di là della storia fascinosamente delirante, il film è prima di tutto una riflessione sul cinema come fusione di realismo e fantasy. Può lo sguardo impietosamente voyeurista della macchina da presa convivere con la spinta visionaria verso mondi immaginari? Il cinema è morbosa attrazione verso la realtà o libertà di creare l’inverosimile?

Il risultato è un mini-cult straripante di scene che farebbero impallidire Tarantino. Un bacio d’addio con cocci di vetro tra la lingua, una rabbiosa massaia yakuza che trasforma la sua cucina in un mattatoio, la lunga battaglia finale che da sola vale tutta la pellicola. Con cineprese che corrono veloci tra stanze imbrattate di sangue, colpi di katana e corpi volanti, nuvole di cocaina e riflettori da set.

Un cinema che si interroga sui suoi limiti. Senza porsi nessun limite. Da avvicinarsi come un risotto di funghi allucinogeni: senza troppi pregiudizi, con la voglia di divertirsi, e uno stomaco pronto a tutto.

Titolo originale: Jigoku de naze warui
Nazione: Giappone
Anno: 2013
Genere: Commedia
Durata: 119′
Regia: Sion Sono
Cast: Jun Kunimura, Shinichi Tstsumi, Hiroki Hasegawa, Gen Hoshino, Fumi Nikaido, Tomochika
Produzione: KIng Record, Botters End
Distribuzione: T-Joy
Data di uscita: Venezia 2013