A cielo abierto, fin dai suoi primi fotogrammi, potrebbe sembrare solo un semplice road movie: la vista di una macchina che sfreccia sulla deserta autostrada messicana infatti suggerirebbe solo quest’aspetto. Ma il film inizia con un colpo di scena: la cinepresa segue lo sguardo del protagonista (o meglio di colui che appare esserlo), ma dopo pochi secondi un impatto sovverte quelle certezze che si erano venute a creare.

Si interrompe quindi, anche se momentaneamente, il road movie promesso nel “preludio/prologo”, inizia invece per i protagonisti, figli orfani di un padre morto in un incidente stradale, una tragedia, fatta di dolore ma soprattutto di rabbia.

Fernando, il figlio maggiore, è deciso a vendicare il padre, e parte, insieme al fratello Salvador, sopravvissuto all’incidente, alla ricerca del camionista implicato nella sfortunata vicenda. A loro si unisce Paula, figlia del loro patrigno: la ragazza, che Fernando mal sopporta, non conosce il vero scopo del viaggio. Ricomincia dunque quel percorso anticipato a inizio pellicola: i registi Mariana e Santiago Arriaga, nel loro primo lungometraggio, guidano lo spettatore verso il Nord del Messico, mettendo a nudo aspetti complessi del Paese quali la violenza, la povertà, ma con un focus particolare per quanto concerne il rapporto uomo-animali (caccia compresa) e l’innocenza dei bambini, la loro purezza.

La duplice natura della realtà messicana rappresenta dunque una metafora della vita stessa, come conflitto continuo tra dolore e amore, vendetta e perdono, in fondo vita e morte stessa.

Pur narrando una storia di amore e dolore potenzialmente universale, il lungometraggio è ambientato negli anni ’90, rispettando dunque il periodo di stesura dello script, firmato da Guillermo Arriaga, padre dei due registi e sceneggiatore, tra gli altri, di Amores perros, 21 grammi e Babel, diretti da Alejandro González Iñárritu.

Il tema portante di A cielo abierto è però la redenzione, che passa necessariamente dal perdono: le varie tappe del viaggio diventano quindi momenti diversi di crescita, di acquisizione di una consapevolezza sempre nuova e talvolta con risvolti inaspettati. Perdonare sarà la parola chiave necessaria per andare avanti superando il lutto.

Così come è doveroso dire che temi, ambientazione e recitazione risultino credibili ed interessanti, bisogna anche sottolineare come la pellicola nel suo finale perda la verosimiglianza, arrivando a una conclusione scontata e immotivatamente dilatata.