La terza giornata del Festival è stata segnata dal passaggio di una selezione di opere che riflette su location cangianti ed espressioniste, dove il paesaggio non è mai solo uno sfondo. L’incontro con il regista Francesco Patierno e l’attrice Cristina Donadio ha anticipato la visione dell’opera La Cura (Italia, 2022), un film drammatico che riflette sul tema della pandemia, ma anche della solitudine urbana e delle conseguenze sociali che si ripercuotono in noi.
“La Cura, tratto da La peste di Camus, è un film che, paradossalmente nonostante sia stato girato in un periodo di totale restrizione, artisticamente rappresenta di più la libertà con la quale l’abbiamo realizzato – ha dichiarato il regista – Sarò per sempre legato a questo film che, anche se autonomo rispetto al periodo e al contesto in cui è stato girato, sarà una testimonianza e una documentazione quasi unica del periodo della pandemia”.
Cristina Donadio, che ha presenziato alla visione, si è raccontata mostrando tutta la sua sensibilità: “La Cura è un film che non dimenticherò mai, a cui sono legata personalmente. Parla di una sospensione universale. Girare questo film è stata una grande avventura: il progetto sembrava abbastanza ‘folle’, per certi versi lo è stato e forse lo è ancora. ‘Folle’ è stata l’idea di girare un film durante il lockdown. È una Napoli che toglie il fiato”.
Pluripremiato regista e direttore della fotografia, Daniele Ciprì ha presentato il corto “La fornace” in cui si racconta la storia di Marcello che architetta un piano diabolico per sopravvivere in un mondo ostile e incomprensibile. Ciprì ha dichiarato: “Io amo scolpire i luoghi e amo scolpire i miei personaggi, un po’ come il mio regista preferito, Fritz Lang. Lang era solito scolpire i suoi personaggi nell’epoca del cinema muto, con tante espressioni e pochi dialoghi. Cerco di vedere la realtà alla mia maniera, attraverso un mondo che è quasi fantastico”.