Dopo la scomparsa della madre, Rein (Reinout Scholten van Aschat) si trasferisce dall’Olanda in un piccolo villaggio sulle Alpi per vivere in mezzo alla natura, meditare e insegnare snowboard.
La sua bolla idilliaca fatta di ordinarie consuetudini e soprattutto di ricercata solitudine scoppia quando il padre dominante Gijs (Gijs Scholten van Aschat) viene a fargli visita, riaprendo, così, la ferita su questioni irrisolte.

Gijs diventa subito il centro della scena in un tour di sci di fondo con Rein e i suoi amici. Ammalia i ragazzi e flirta con la nuova fidanzata di Rein, Laura (Pia Amofa), senza lasciare spazio al figlio.
Non passa molto tempo prima che Rein ne abbia abbastanza. Trascina via il padre dal gruppo e continuano la loro escursione sulla montagna da soli. La tensione tra i due uomini è palpabile. Gijs si sente sempre più a disagio con il terreno ripido e pericoloso, ma Rein continua a salire in cima, ignorando le suppliche del padre di tornare indietro.
Quando la natura si scaglia violentemente, e la coppia rimane bloccata, dovrà superare quel passato per affrontare la notte e sopravvivere.

Con la folgorante fotografia di Douwe Hennink che celebra i panorami, il film scritto e diretto (formato 4:3, con interessanti inquadrature che riescono a dare una dimensione del rapporto tra uomo e natura) dal regista Jan-Willem van Ewijk ha una storia interessante, che riesce a non ridursi a un conflitto personale tra padre e figlio.
La chimica tra i due attori fa scintille perché gli attori sono autenticamente padre e figlio e sanno assecondare le esigenze del regista con le loro improvvisazioni. Il nucleo emotivo del film funziona, sviluppandosi su note di pacata commozione.
Il finale lascia perplessi. Ma la reazione è una questione molto personale. Può essere considerato un’inevitabile conseguenza del tono adottato dal film; oppure potrebbe lasciare attoniti. Di certo è audace nel rischiare.