Fuori Concorso
Un delicato incontro con la cultura medio orientale, per imparare a capire e per riflettere su altre interpretazioni della vita e dei valori umani.
Nacer Khemir non è semplicemente un regista, è anche scrittore, pittore e poeta e lo si può perfettamente intuire dalle immagini del suo film Bab’Aziz presentato fuori concorso al Festival di Torino. Il titolo del film corrisponde al nome di un anziano derviscio che decide di intraprendere un lunghissimo viaggio attraverso le immense distese del Sahara per poter partecipare alla grande riunione dei dervisci che si tiene ogni trent’anni nel deserto.
Ma Bab’Aziz non è solo, è accompagnato in questa importante esperienza dalla piccola nipotina Ishtar. I due sono legati da un rapporto intenso, quasi magico e insieme, nonostante siano totalmente all’oscuro del luogo preciso in cui avverrà la riunione, decidono ugualmente di cominciare questo lungo cammino. Le belle inquadrature che narrano di questo viaggio sono un lungo susseguirsi di suggestive cartoline che immergono lo spettatore tra le gialle dune del deserto e le immense distese illuminate sorprendentemente dalla sola luce lunare. Durante il loro viaggio i due incroceranno altri uomini, altre vite, altre esperienze.
Dovranno così ascoltare il racconto di un giovane uomo, sospeso tra realtà ed immaginazione, innamorato di una misteriosa donna e del suo palazzo. Si imbatteranno e si legheranno a Zaid, un giovane poeta, capace di sedurre con il suo canto, anch’egli alla ricerca di una donna, incontrata e amata per una sola notte. Ma il viaggio offre soprattutto a Bab’Aziz la possibilità di raccontare alla giovane nipote una storia, la storia di un principe che ha abbandonato tutte le sue ricchezze ed il suo regno per ritrovare se stesso ed il vero valore della vita lontano da tutto e da tutti. La pellicola è accompagnata dal suono dei flauti, dai küdum (piccoli timpani in cuoio ricoperti da pelle di capra) e degli halile (piatti in rame). Sono proprio questi gli strumenti che si usano per accompagnare la danza dei dervisci, rituale che prevede una danza rotatoria dove la mano sinistra è abbassata verso la terra mentre la mano destra è alzata verso il cielo, in modo che i danzatori possano diventano una sorta di tramite tra terra e cielo. Queste danze, secondo i dervisci, sono un modo per allontanare le proprie menti dalle cose terrene e per potersi avvicinare a Dio.
In tutto il film di Khemir ad emergere è proprio questa continua ricerca della spiritualità, dei veri valori umani e religiosi senza però trascurare tutta la tradizione antica. Usare il mezzo cinematografico per raccontare antiche storie, leggende ormai dimenticate è un modo, forse il migliore, per diffondere e salvaguardare la propria cultura, che oltre ad essere una testimonianza importante per un territorio è soprattutto ciò che lega gli uomini alle proprie tradizioni.
Tunisia, 2005, 35mm, 98′, col
regia, scenografia/director, set design
Nacer Khemir
sceneggiatura/screenplay
Nacer Khemir, Tonino Guerra
fotografia/director of photography
Mahmoud Kalari
costumi/costume design
Maud Perl
montaggio/film editor
Isabelle Rathery
musica/music
Armand Amar
suono/sound
Stuart Wilson, Steve Higgs, Bahman Bani Ardalan
interpreti e personaggi/cast and characters
Parviz Shaminkhou (Bab’Aziz), Maryam Hamid (Ishtar), Nessim Kahloul (Zaid), Mohamed Grayaa (Osnam), Golshifteh Farahani (Nour), Hossein Panahi
produttore/producer
Cyriac Auriol, Ali-Reza Shojanoori
produzione/production
Les Films du Requin, Behnegar, Pegasos Film, Hannibal Film
coproduzione/coproduction
Inforg Studio, Zephir Films
distribuzione/distribution
Océan Films Distribution
vendita internazionale/world sales agent
Bavaria Film International