Al centro del duraturo sodalizio che riunisce il pianista Maurizio Baglini, la violoncellista Silvia Chiesa e il clarinettista Corrado Giuffredi, si posiziona il doppio concerto della rassegna Musikàmera di martedì 11 e mercoledì 12 giugno, alle Sale Apollinee del Teatro La Fenice. Un concerto eccezionale, già nelle parole introduttive del presidente Sonia Guetta Finzi al pubblico che ha affollato la sala, soprattutto per la presenza della particolare trascrizione di Michele Mangani del brano più celebre del compositore messicano Arturo Márquez, la Danzón n. 2. Un felice quanto impegnativo tentativo di condensare tutte le note dei centoventi strumenti che animano la versione orchestrale in quelle del Trio, come tiene a precisare Maurizio Baglini durante gli interventi che accompagnano l’esibizione di ciascun brano in programma. Il clima si fa subito più diretto, rompendo il rigido protocollo che la sala da concerto spesso richiede, non senza qualche risvolto divertente.
Così i trilli pianistici del terzo movimento del Trio op. 11 di Beethoven si espandono al punto da scatenare una serie di ironici siparietti che, oltre a divertire il pubblico, offrono maggiore risalto alla complicità e alla già altissima qualità di esecuzione, avviata nei morbidi e molto ben calibrati impasti timbrici degli accordi d’apertura, condotta da uno gioco di ruolo sempre spontaneo e fresco all’ascolto, arricchita da alcuni inattesi affondi drammatici che suggeriscono una nuova lettura alla composizione di un Beethoven immaginato giovane e spensierato.
Una scelta di tre brani dagli Acht Stückeop. 83 di Max Bruch ha evidenziato le particolari caratteristiche liriche del gruppo, oltre alla loro spiccata disinvoltura nei passi più brillanti che si fa ancor più incalzante nel primo tempo del Trio di Nino Rota, offrendone una versione particolarmente lucente. Parte della densa liricità dell’Andante si mischia all’andamento sarcastico e a tratti beffardo dell’Allegrissimo finale che, sostenuto dalla particolare incisività di questa mirabolante esecuzione, obbliga gli spettatori a trattenere il fiato fino all’ultimo istante.
L’applauso del pubblico stringe i tre musicisti sul palco fino a che non decidono di concedersi nuovamente con due fuori programma, Oblivion e Libertango dell’argentino Astor Piazzolla, a coronamento di un concerto spettacolare.