Un film che va sorsegggiato e assaporato lentamente per afferrarne il profondo e originale aroma, raffinatezza e delicatezza. Esattamente come viene mostrata l’arte di servire e bere il tè in Cina, non una semplice bevanda bensì uno stile di vita.
Il film si apre in Costa d’Avorio, forse nella capitale, con una scena piuttosto inusuale: in una grande sala affollatissima, donne in abito da sposa e promessi sposi sono pronti a sposarsi “in batteria”.
Ma proprio in quel momento una delle spose scopre il tradimento del futuro marito.
Alla fatidica domanda, lui risponde deciso: “Sì”. Ma che cosa accade se lei, una donna ivoriana, sulla trentina, bella, colta ed elegante, davanti a tutti i parenti e a tutto il paese risponde “no” al momento del matrimonio?

Impossibile raccontare questo film senza rischio di spoilerarlo. Dunque mi limito ad alcune osservazioni: forse il sogno del regista è di una società accogliente, aperta a tutti gli apporti delle varie diversità, dove le persone si comportano con garbo, eleganza e gentilezza. Dove le diverse parlate si mescolano in una serena babele. Eppure, anche nel più perfetto dei mondi, c’è sempre qualche segreto o qualche peccato che si tiene nascosto per convenienza, per convenzione, per conformismo, per quello sciocco e puerile timore di “quello che dice la gente”. Situazioni che fanno star male tutte le persone che vi sono coinvolte ma che, in un mondo ideale , dovrebbero esser superate con coraggio, sincerità e amore.

Il regista mauritano/maliano Abderrahmane Sissako (classe 1961) è uno dei pochi registi dell’Africa subsahariana ad aver ottenuto notorietà internazionale. Sissako è anche consigliere culturale del capo di Stato mauritano Mohamed Ould Abdel Aziz, nonche’ presidente di Ciné Fabrique, scuola di cinema e multimedia a Lione. Con questa interessante pellicola partecipa in concorso al 74° festival del cinema di Berlino , 2024.