Il sabato 4 giugno sulle acque della Laguna, di fronte a San Marco, sul battello monteverdiano Mantova-Venezia, si è svolto uno spettacolo insolito, di grande successo. Il pubblico batteva le mani, cantava assieme agli artisti, indistintamente, sia i brani popolari proposti sia quelli seicenteschi. Si è commosso e si è divertito. È davvero raro constatare un tale coinvolgimento e tripudio, quando si parla di repertorio antico.
Canti d’aia, di bottega e di corte, il suo titolo, è nato dall’idea del soprano Laura Catrani di tendere un ponte tra il repertorio della tradizione orale popolare e di paese della Nuova Brigata Pretolana e ai canti di guerra e d’amore, gli scherzi e le canzonette di Claudio Monteverdi. Il programma del concerto spazia così dai monteverdiani Lamento della Ninfa, Si dolce è ’l tormento, Maledetto sia l’aspetto, Ohimè ch’io cado, Damigella tutta bella, La mia turca, Ciaccona del paradiso e dell’inferno (anonimo), alle canzoni ispirate alla quotidianità, bucoliche o maliziose che siano, della tradizione popolare, Buona sera mie signori, Terresina, Amore eterno, La massaia nell’aia, Vieni dolce amore, Colgo la rosa, Al suono di chitarra. E così, sabato 4 giugno, sono comparsi sul ponte del battello monteverdiano, accanto alla ninfa, alla turca, alle damigelle e ai cavalieri del Seicento monteverdiano uomini e donne che hanno riportato in vita la ricca tradizione orale del dopoguerra del paese, delle aie e delle botteghe, intonando storie, ballate, stornelli e serenate.
“La mia idea è stata quella di provare a fare vestire i panni della musica popolare al nostro amatissimo Monteverdi, spiega la Catrani. La Nuova Brigata Pretola ha una tradizione che arriva direttamente dai padri e dai nonni del paese di Pretola, ai piedi di Perugia. Caratteristica e loro peculiarità è l’uso delle percussioni rudimentali e artigianali quali cucchiai, pentole, vassoi, mattoni… Ho dunque pensato ad una possibile versione di Monteverdi che coniugasse la mia voce limpida e impostata alle voci dei cantori e al loro sound popolare. L’intento puramente musicale non è stato di chiedere ai cantori di piegarsi allo stile che non appartiene alla loro tradizione per aderire il più possibile ai canoni barocchi, ma a modo loro, con le loro voci, i loro strumenti e le percussioni rudimentali dare nuova linfa e nuova veste alla musica di Monteverdi. È la gioia di vivere la musica assieme senza tradire le proprie identità e dello scoprire che nelle differenze c’è ancora un universo che stupisce.”