Il film italiano scelto per questa edizione della Settimana Internazionale della Critica della 74a Mostra del Cinema di Venezia è il partenopeo Il cratere, co-diretto dai documentaristi Luca Bellino e Silvia Luzi, alla loro prima esperienza con un film di fiction in bilico però tra realtà e finzione.
I due registi decidono di raccontare la storia di Rosario Caroccia, giostraio napoletano che vede nella figlia Sharon l’unica occasione per affermarsi, sperando che la ragazza diventi presto una cantante neomelodica. Il sogno dell’uomo diventerà una vera e propria ossessione, che lo porterà a costringere la figlia a prendersi cura della propria voce e della propria gola in modo maniacale e a dedicare ore e ore alle prove in studio, portandolo addiritura ad installare delle telecamere nascoste nella casa in modo da monitorarla in ogni momento.
Particolarità del lungometraggio è la sua natura di prodotto in bilico tra il documentario e la narrativa: i personaggi infatti altro non sono che una versione romanzata degli attori che li interpretano (dato che Sharon Caroccia è una cantante neomelodica piuttosto conosciuta nel suo territorio soprattutto grazie al web) e le dinamiche tra padre e figlia sono, se non una rievocazione in salsa drammatica di accadimenti realmente avvenuti in casa Caroccia, quantomeno un’accurata fotografia della realtà di molte famiglie del territorio campano (e non solo) che sperano di vedere il proprio figlio diventare un grande cantante neomelodico.
Volendo salvaguardare questa sorta di autenticità però i due registi finiscono per confezionare un prodotto esageratamente scarno, impreziosito tuttavia da alcuni momenti della insolita vita quotidiana dei due protagonisti (una su tutte la scena che apre il film, in cui Sharon è intenta a ripassare per un interrogazione allo specchio mentre prova un balletto).
Una regia secca e piena di tagli netti, fatta di numerosissimi primi piani sia della ragazza che, soprattutto, del padre, contribuisce a spezzare il ritmo di un prodotto che, sebbene parli di musica, di ritmo ne ha ben poco. La scelta di un soggetto simile poi non giova certamente all’originalità del film: negli ultimi anni, tra pellicole di narrativa, documentari e persino servizi giornalistici, quello dei giovani cantanti neomelodici è diventato un argomento talmente noto anche fuori dai confini campani da esser stato trattato in tutte le salse (da Belluscone di Franco Maresco a Indivisibili di Edoardo de Angelis).
Insomma, quella del giovane aspirante cantante partenopeo (e delle relative famiglie che vedono in lui o in lei un’occasione per affermarsi o riscattarsi) è diventato ormai una sorta di luogo comune, una specie di maschera già nota al grande pubblico che in quanto tale ha bisogno di essere affrontata nel più originale dei modi per risultare veramente interessante.