L’opera omnia del regista rumeno Cristian Mungiu è stata oggetto della retrospettiva “L’altra faccia della libertà”, nell’ambito del Tertio Millennio Film Fest.
Al termine della proiezione del lungometraggio d’esordio, “Occident” (2002), il cineasta ha tenuto una Masterclass, in cui ha esposto il suo percorso professionale e la sua idea di cinema.
Tra i punti cardine c’è senza dubbio l’aver scelto di rimanere in Romania – «Anche all’Estero sarei rimasto un migrante ed avrei osservato il mondo americano o francese da una prospettiva esterna» – afferma Mungiu, che gira il primo lungometraggio a 32 anni, documentando il cambiamento dell’ambiente circostante con la pazienza necessaria.
Nel 2007 presenta a Cannes “4 mesi, 3 settimane, 2 giorni”, pellicola grazie alla quale ottiene la Palma d’oro: il premio produce in lui una certa tensione, l’ansia di mantenere o superare il livello raggiunto.
Tra i punti chiave del cinema di Mungiu vi è poi l’umorismo, inizialmente vissuto come risposta per sopravvivere al comunismo, poi con la fine del regime il rapporto con l’ironia è mutato: Mungiu non si definisce né ottimista né positivo.
Per Mungiu il cinema è strettamente connesso con la necessità di avere qualcosa da raccontare, qualcosa da poter comunicare agli altri.
Le storie rumene sono spesso sconvolgenti per le persone di altri Stati, ma creare un panorama cinematografico nazionale dopo Ceaușescu non è stato semplice: i cinema si erano persi, non c’era né il pubblico né i fondi. La necessità primaria era, dunque, che una cultura più influente trasportasse le vicende rumene dai margini al grande pubblico. Allo stesso tempo però la mancanza di pubblico permette di creare opere estremamente radicali, come effettivamente possono essere definite quelle di Mungiu.
Infine, è fondamentale per il regista idea di cinema come mezzo per fare circolare le idee, come momento di incontro, di emozioni, di dibattito tra persone nuove sui cambiamenti continui nel modo di pensare di ognuno.