Presentato nella sezione Orizzonti della 73a Mostra del Cinema di Venezia, Dawson City: Frozen Time è un insolito documentario montato, scritto e diretto dal filmmaker statunitense Bill Morrison.
Girato interamente in 4:3, e realizzato quasi esclusivamente attraverso il montaggio di pellicole di repertorio (datate tra il 1895 e 1941), il film ripercorre la storia di Dawson, cittadina di appena 1000 abitanti situata nella zona più a nord del Canada nella quale, verso la fine degli anni ’70, furono ritrovate centinaia di pellicole di film muti, sepolte in giro per la città.
La storia che sta dietro a questo insolito ritrovamento è tanto semplice quanto curiosa: nei primi decenni del Novecento la distribuzione di film, cinegiornali e pellicole in generale era gestita dalle banche; quando il manager della banca di Dawson si rese conto che, per vari motivi, diventava molto difficile rimandare le pellicole alle rispettive case di produzione, non volendo assumersi il rischio di conservarle in un qualsiasi magazzino (le bobine in nitrato d’argento infatti erano estremamente infiammabili) decise di farle sotterrare in giro per la città.
Per ripercorrere questa storia, Morrison decide di mostrare per la maggior parte del film spezzoni di quelle stesse pellicole, dalle più vecchie alle più recenti, oltre ad alcune brevi interviste ai consiglieri cittadini che ritrovarono le pellicole negli anni ’70. In questo modo il regista ricostruisce non solo la storia della cittadina, spiegando la serie di eventi che ha portato all’occultamento delle bobine, ma ci regala anche rari spezzoni dei film muti recuperati col ritrovamento, fino ad allora dati per scomparsi da tutte le cineteche del mondo.
Ogni tanto poi, tramite le immagini recuperate dai cinegiornali, ricostruisce fatti di cronaca legati al passato, da scandali del mondo del baseball a episodi legati alla corsa all’oro, fenomeno che interessò notevolmente la città. Per accompagnare le immagini, Morrison preferisce i sottotitoli a una voce narrante, uniti a una suggestiva ed emozionante colonna sonora firmata dal compositore Alex Soners, collaboratore del più noto musicista Jònsi, membro della band islandese Sigur Ròs.
La scelta di una musica a tratti epica, che a un primo ascolto sembrerebbe più adatta a un film di fiction, non è casuale: Morrison vuole infatti creare un’atmosfera emozionante, sospesa, facendo in modo che lo spettatore si faccia trascinare da una storia di sopravvivenza che ha per protagonista il cinema stesso.