Opera seconda di Giulia Louise Steigerwalt – sceneggiatrice Nastro d’Argento per Il campione di Leonardo D’Agostini e Croce e delizia di Simone Godano, entrambi del 2019 –, Diva Futura racconta con ritmo travolgente e ironia – qualità difficilmente riscontrabili nelle produzioni italiane degli ultimi tempi – l’avventura dell’omonima agenzia di modelle e del sogno del suo fondatore di combattere il bigottismo del Bel Paese. Peccato che l’autrice pretenda troppo da se stessa nel voler fare la morale allo spettatore, cercando di suscitare riflessioni sull’amore, la famiglia e la morte che decisamente non appartengono a quella che, di fatto, è una commedia di medio calibro. Inspiegabilmente in Concorso.

Negli anni Ottanta, il fotografo e imprenditore Riccardo Schicchi – interpretato da un istrionico Pietro Castellitto – si mette in testa di rivoluzionare la società del tempo dando corpo alle fantasie più recondite dell’uomo medio. Grazie all’incontro con Ilona StallerLidija Kordic –, Moana PozziDenise Capezza – ed Eva HengerTesa Litvan –, nasce così il porno all’italiana, purtroppo destinato, come i suoi pionieri, a cedere sotto i colpi di una vita vissuta al massimo, nonché della dura legge del mercato.

Narrato dal punto di vista della segretaria di Schicchi – Barbara Ronchi, che tiene testa a Castellitto con altrettanta energia e carattere –, Diva Futura ha il piglio della commedia americana – si intravvede in questo senso la formazione losangelina di Steigerwalt, laureata in sceneggiatura alla UCLA – nel dipingere i suoi personaggi come visionari in lotta contro un sistema retrogrado che non li comprende. E americana appare anche la scelta del soggetto stesso, considerata la passione di Hollywood per gli outcast a cui la Storia ha dato ragione solo a posteriori: da qui il merito di rendere giustizia, nelle sue luci e ombre, alla figura di Schicchi, poco più di un personaggio televisivo sul viale del tramonto agli occhi di chi gli anni Ottanta non li ha conosciuti.

Detto questo, non serve dire che non ci troviamo dinanzi al Boogie Nights nostrano. Diva Futura è un film di genere, fatto ancor più encomiabile nel panorama italiano, dove al di fuori della commedia romantica e del film in costume a stento si produce qualcosa in grado di trascinare il pubblico al cinema, ma collassa su se stesso nel momento in cui pretende di fare qualcosa di più: di spiegare i meccanismi del mondo del porno – che di fatto restano sempre fuori scena –, di far vedere come il porno di oggi sia brutale e immondo rispetto a quello di ieri – senza con ciò mettere in luce il giro di interessi e lo Zeitgeist che avevano fatto il successo dello Schicchi –, o ancora di umanizzare le pornodive mettendo a nudo il loro privato – privato che resta vincolato, anche nel caso del personaggio della Henger, alla rappresentazione tutta patemi e sceneggiate di stampo fiction Rai.

Beninteso, di per sé Diva Futura funziona, ma risulta semplicemente fuori luogo nella sezione competitiva più prestigiosa del festival. Se proprio doveva esserci, però, è pur vero che questo è l’anno giusto, considerata la media inaspettatamente deludente delle opere presentate sinora.