“Il cittadino illustre” di Mariano Cohn e Gaston Duprat
Daniel Mantovani non è solo uno scrittore premio Nobel. E’ Lo Scrittore. Il prototipo dell’autore contemporaneo: lucido, sagace, contro il sistema quanto basta per contestarlo senza veramente provare a starne fuori. Tutti lo invitano, tutti vorrebbero conferirgli un’onorificenza. Daniel rimanda una laurea ad honorem a Yale, un premio a Tokio, un’intervista alla BBC. Ma poi arriva una lettera da Salas, il paesino argentino in cui è nato e dove non torna da quarant’anni. Lì, dove tutto è cominciato; proprio dove i suoi romanzi prendono vita. Gli offrono la cittadinanza onoraria. Parte.
El Ciudadano Ilustre fa della semplicità la sua forza. Anche al cinema, per parlare di temi “alti”, per riflettere sul ruolo degli artisti nella società contemporanea o anche solo per raccontare il mondo che ci circonda, non servono retoriche elucubrazioni intellettuali (sembra non essersene accorto Wim Wenders col suo ultimo film). Così basta un viaggio dall’Europa all’Argentina, dalle stelle alle stalle, letteralmente, per coinvolgerci in un’appassionante vicenda umana dai risvolti piacevolmente prevedibili.
A Salas non è cambiato niente. Quello che Daniel ha lasciato prima di trasferirsi in Europa è identico a sé stesso. Così i suoi concittadini, le dinamiche di campagna, l’orgoglio della povera gente e la miopia del campanile. Uno ritorno fatto di incontri improbabili, personaggi grotteschi e situazioni che virano dalla commedia verso il dramma. Ma lo scrittore internazionale, venerato da tutti, è realmente riuscito a emanciparsi dalle sue origini?
Parlare di letteratura al cinema. Non proprio una scelta ruffiana per una commedia, insomma. Ma El Ciudadano Ilustre cita Kafka e onora Borges mantenendo un’invidiabile leggerezza dall’inizio alla fine. Come in un racconto di Carver, non servono espedienti e trucchetti per arrivare al punto (salvo il dimenticabile colpo di scena finale). Grazie alle scelte lineari dei registi – e alla credibile interpretazione di Oscar Martinez -, quest’indagine buffa e onesta sulle origini della creatività e sull’ispirazione letteraria ha il merito di rompere la barriera che troppo spesso separa la riflessione intellettuale dall’intrattenimento popolare.