Tra gli appuntamenti della scorsa settimana si sono presentati ben due importanti occasioni di incontro con la musica vocale di Karlheinz Stockhausen, irrimediabilmente orientate a minare quel retrogrado concetto di astrusità che avvinghia la sua opera secondo un pregiudizio ormai alquanto superato. Ne è una prova Stimmung (1968), una sorta di originalissima accordatura a sei voci avviata al fine di esplorare la natura dei primi sei armonici di un suono grave, il Si bemolle. Un’affascinante sintonizzazione musicale, condotta a turno da ognuno dei sei componenti del Voxnova Italia, che non si limita al semplice raggiungimento di un’interazione meramente vocale, ma riesce nel tentativo di riversare l’intenzione sullo stato d’animo che i suoni posti in vibrazione riflettono. Al loro interno possono comparire alcuni elementi estranei, come nomi di divinità provenienti da varie culture – erano ancora forti in Stockhausen le suggestioni dei recenti viaggi in Messico e alle Hawaii – o alcune poesie dal carattere fortemente erotico, scritte dallo stesso autore nel corso dell’anno precedente. A fortificare maggiormente la natura meditativa di una musica che procede in totale astrazione dallo scorrere del tempo, in occasione di questa esecuzione promossa su iniziativa del Centro d’Arte 70, i componenti di Voxnova Italia si sono rapportati per la prima volta a Stimmung attraverso una tecnica che ricorda quella delle pratiche vocali appartenenti alla tradizione mongola e siberiana, sostenute dalla regia del suono di Alvise Vidolin nello spazio dell’Auditorium Pollini di Padova. Un esperimento di teatralizzazione del suono, eletto oggi a capolavoro musicale, che accomuna anche l’intento degli Indianerlieder ascoltati alla Fondazione Vedova di Venezia in occasione di Euroamerica, il secondo progetto musicale ideato da Mario Messinis per promuovere l’opera pittorica di Emilio Vedova dal punto di vista delle diverse angolazioni culturali.
Parte di un progetto più ampio, gli Indianerlieder poggiano la loro natura musicale sulla recitazione intonata di una raccolta di canti e preghiere di nativi americani, permessa grazie a una ripetizione continua di parti del testo al fine di ricavarne la più ricca miniera di suoni da estrarre con la più fantasiosa espressione vocale, ricoprendo parallelamente il totale cromatico grazie all’accostamento di ognuno dei dodici testi a un determinato suono di partenza. Bastano dunque due voci a Stockhausen per proiettare sul palco pratiche rituali culturalmente a noi lontane, alimentate forse in parte dall’immaginazione del compositore, non prive di risvolti che attingono dolcemente da gestualità che si aprono all’ironia e ispirate dall’assurdo. Così Nicholas Isherwood, esperto conoscitore della musica di Stockhausen oltre che suo fido collaboratore, e Anna Clementi, raggiante sperimentatrice della scena vocale internazionale, completano il discorso avviato a Padova con gli altri compagni dei Voxnova Italia, personificando un corteggiamento animale che ha consentito di esplorare appieno lo spazio della Fondazione Vedova.
Due occasioni che hanno offerto la possibilità di riconsiderare la musica di Stockhausen attraverso un rinnovato respiro musicale, fortemente sollecitato a inscenare l’irrefrenabile visionarietà del compositore.