Ferita da esitazione (Tereddüt Çizgisi)”, diretto da Selman Nacar, presentato all’ottantesima Mostra del Cinema di Venezia per la categoria Orizzonti, segue la storia di Canan, avvocato donna divisa tra un processo complesso e una difficile situazione familiare.

La madre di Canan infatti è cerebralmente morta, da vigile ha acconsentito alla donazione degli organi, ma serve la firma dei familiari: Canan e la sorella hanno visioni diverse e, non trovando un accordo, litigano, esprimendo giudizi repressi in passato, inerenti soprattutto al rapporto di Canan con la sua carriera.

Ferita da esitazione infatti affronta il delicato e sempre attuale tema delle donne nel mondo del lavoro, in un contesto particolare quale quello turco: la donna infatti, si evidenzia più volte, ha studiato all’estero.

È diventata una professionista capace e attenta, ma la famiglia le rimprovera l’abbandono, avvenuto per aver seguito i propri sogni; anche al lavoro, persino in udienza, l’essersi formata all’estero costituisce un motivo di rimprovero sotto forma ironica da parte dei colleghi.

Si può dunque affermare che Canan sia una donna divisa, che viva un forte conflitto innanzitutto con la città in cui abita. Il tratto preponderante della sua personalità è certamente la volontà di salvare chi la circonda: la madre – come già anticipato- e il suo cliente, accusato di omicidio premeditato ai danni di un imprenditore molto ricco.

Canan si troverà sempre più coinvolta in un conflitto interiore, che unirà indissolubilmente sfera privata e lavorativa, cancellando ogni confine e destabilizzando l’equilibrio della protagonista.

Ferita da esitazione tratta molti temi, ma in fondo nessuno di questi viene esaminato profondamente, complice il finale aperto, che è comunque alquanto apprezzabile.

La messinscena, nonostante una regia piuttosto semplice, ma efficace e accurata, regge grazie all’ottima interpretazione della protagonista Tülin Özen, che nella pellicola diventa paradigma della donna lavoratrice nel mondo contemporaneo.

Il ritmo del film varia in base alle ambientazioni: la vita procede lentamente ovunque, fuorché nelle aule del tribunale, questo avviene poiché, come afferma la protagonista “c’è in gioco la vita di un uomo”.

Pur narrando di sole ventiquattro ore infatti, in Ferita da esitazione il tempo sembra dilatato, per rappresentare la percezione di Canan.

Il secondo lungometraggio di Selman Nacar è un’insieme di ottime idee, alcune delle quali sviluppate meglio di altre. In conclusione ci si trova di fronte ad un film colmo di spunti di riflessione, sobrio ma autentico.