Rovine, splendide e amate rovine. Fotografate, assemblate, dipinte, immaginate, materia prima del mito. Nel reame di Mariano Fortuny va in scena – fino al 24 marzo – lo spettacolo della rovina: FUTURUINS. La mostra è ricca di opere diverse per genere, materiale, epoca, “manufatti disposti secondo un ritmo frammentario” come dichiara la curatrice – Daniela Ferretti – che ha progettato l’esposizione avvalendosi della collaborazione e dei prestiti di uno tra i musei internazionalmente più famosi: l’Ermitage di San Pietroburgo.
All’ingresso dell’esposizione l’installazione del duo Anne e Patrick Poirier ci accoglie con una sequenza di rovine tra le più amate della storia: arcate romane, anfiteatri greci, templi maya composti da legno e carbone e accompagnati da reperti provenienti da Armenia, Tunisia, Egitto. Le opere di molti artisti contemporanei dialogano infatti perfettamente con i reperti antichi, traggono ispirazione da essi e presentano nella struttura contemporanea aspetti del modello arcaico, come nelle sculture di Fabrizio Prevedello e Christian Fogarolli o nelle stampe su travertino di Elisa Sighicelli. Antico e nuovo insieme donano all’esposizione un ritmo costante, togliendo quella pesantezza legata a una tematica complessa, a tratti apocalittica, come quella della rovina.
Nell’ampio primo piano attirano l’attenzione la grande opera di Thomas Hirschhorn, gli scherzi di fantasia di Giambattista Tiepolo, la grafica aliena di Dmitri Prigov, la celebre tela di Friedrich Il sognatore è spunto di ricerca per la realizzazione dell’installazione audio di Renata De Bonis. Mentre si osservano disegni, incisioni e dipinti che narrano le vicende di civiltà estinte, luoghi dove la natura ha ripreso possesso dei propri spazi, sorge il sospetto di trovarsi a osservare una sfera di cristallo che rivela il nostro futuro. Oltre a fosche premonizioni di una società disorientata (testimone il video di Francesco Jodice Hikikomori) e drammatici frammenti di un passato recente (la foto di Steve McCurry scattata davanti ai resti delle Twin Towers o il potente realismo magico di Arturo Nathan), la mostra presenta anche immagini in cui la rovina è la scintilla che scatena la fantasia. I reperti di antiche civiltà che abbondano nei dipinti di Hubert Robert creano incredibili mondi utopici nelle tele di Monsù Desiderio mentre le ossessioni fantastiche di Piranesi ci trasportano in un labirinto di segni.
Al secondo piano si trovano le opere di maestri affermati come Burri, Rotella, Pizzinato, Dubuffet, De Pisis, ma si impone agli occhi del visitatore la tela di Anselm Kiefer Am Anfang e incuriosisce la ricerca di David Rickard riguardo alla tanto declamata fine del mondo (The End). In mostra c’è spazio anche per la fotografia, dagli Alinari a Luigi Ghirri, dagli scatti misteriosi di Sarah Moon alla recente attrazione per i luoghi abbandonati ben rappresentata dalle foto di Ugo Carmeni e John Gossage.
Alla fine quanto è attuale una rovina?