Dagli autori del toccante L’arte della felicità, vincitore del premio come Miglior Film d’Animazione agli European Film Awards 2014, Gatta Cenerentola è l’unico lungometraggio animato della sezione Orizzonti di questa edizione, una rilettura in chiave fantascientifica dell’omonima fiaba del Pentamerone di Giambattista Basile.
L’armatore Vittorio Basile – cui presta la voce Mariano Rigillo – ha grandi progetti per la città di Napoli: vuole infatti costruire nel porto un Polo della Scienza e della Memoria, avvalendosi della tecnologia olografica da lui brevettata. Sulla nave Megaride che ospita il suo quartier generale risiedono anche la figlia Mia, con la guardia del corpo Primo – Alessandro Gassman – e la futura moglie Angelica – Maria Pia Calzone – , la quale sta tramando nell’ombra assieme all’amante Salvatore – Massimiliano Gallo – per toglierlo di mezzo. Come da programma, il giorno delle nozze Vittorio viene ucciso, e la custodia – con gli averi annessi – di Mia passa a Angelica. Dopo quindici anni all’estero, Salvatore torna a casa deciso a costruire l’impero del crimine che aveva sempre sognato sposando Mia: non sa però che Primo è ancora vivo, e che farà di tutto per impedire che questo accada.
Rispetto all’esordio, l’ultima fatica di Alessandro Rak, Ivan Cappiello, Marino Guarnieri e Dario Sansone presenta atmosfere più evocative e rarefatte, con uno stile che attinge alla tradizione videoludica: la Megaride e l’area portuale, sospese tra l’estetica vintage anni Cinquanta e il cyberpunk ricordano il franchise Bioshock della 2K, e lo stesso vale per il design dei personaggi, simili anche caratterialmente agli indimenticabili antagonisti della saga di Borderlands – firmata sempre 2K. Anche la scelta delle inquadrature esula dalle convenzioni cinematografiche, con angolazioni e piani più vicini alle sequenze scriptate di un videogioco.
Ma a parte questi prestiti, nelle vene di Gatta Cenerentola scorre sangue partenopeo, a partire dalle musiche originali arrangiate da Antonio Fresa e Luigi Scialdone. Indimenticabili sono le sequenze in cui Salvatore e Angelica intonano il loro inno d’amore alla città, poste agli estremi opposti del film e appunto forieri di due visioni speculari: da un lato quella del criminale incallito, che ne decanta gli stereotipi – disonestà, pigrizia, monnezza – , dall’altro quella della donna disillusa, che sperava di essere ripagata per la sua pazienza; Angelica è appunto figura di Napoli, è una femmina intrinsecamente buona ma che si fida troppo, che si è lasciata plagiare uccidendo l’unico uomo in grado di valorizzarla.
Non si tratta però di un adattamento edulcorato. Violenza, promiscuità sessuale, droga, sono all’ordine del giorno sulla Megaride e gli autori, sempre senza esagerare, non hanno riserve nel mostrarla in modo esplicito, tradendo un gusto piacevolmente pulp. In questo cartone, la consueta morale si arricchisce di una prospettiva adulta e umana: il confine tra Bene e Male non è così definito, soprattutto se ci si mette di mezzo l’amore.
Gatta Cenerentola è insomma un’opera al crocevia tra due media dall’azione e umorismo travolgenti, che solleva con intelligenza la sua polemica senza trascurare di riuscire accattivante – soprattutto a livello visivo.