“Questi Giorni” di Giuseppe Piccioni
“Se qualcuno ci avesse detto, in quei giorni, che quelli erano i nostri giorni, irripetibili, e che eravamo dentro un’eterna promessa che il tempo vissuto dopo non avrebbe mantenuto, noi non gli avremmo creduto, avremmo pensato che invece il nostro tempo fosse ancora davanti a noi, che il meglio dovesse ancora venire”. Questo è il leitmotiv che accompagna il terzo film italiano in concorso a Venezia.
Il regista Giuseppe Piccioni segue il viaggio on the road di quattro amiche poco più che ventenni. Da una piccola cittadina italiana di provincia fino a Belgrado, per accompagnare Caterina, che va a fare la cameriera nella capitale serba, Liliana, Angela e Anna affrontano un viaggio di segreti e contrasti.
Tutte e quattro non sanno bene cosa vogliono o cosa cercano. Lo spettatore non capisce bene cosa le unisca, cioè il perché sono amiche. Scontrose, gelose, incerte (alcune antipaticissime) sembrano obbligate a condividere questo viaggio. Ognuna di loro è spinta da e verso un egoismo che esclude il mondo e al tempo stesso lo vuole sottomesso, pensando di bastare a sé stesse.
Ci sono tanti, troppi temi in questo film. La malattia, il fratello belloccio e prete, l’amica lesbica, l’intrigante professore universitario, il viaggio, poeti mancati e aspiranti scrittori, la casetta con il davanzale in fiore, il cinema occupato, l’amore, il futuro, … la ricerca del paradiso perduto, … Questi Giorni di stereotipi si trascina a fatica per il voler essere troppe cose, affrontando, male, temi complessi nei frammenti del quotidiano.
Interpretato comunque con trasporto, Questi giorni è troppo indulgente e autoassolutorio nei confronti di queste donne, che non sanno cosa vogliono, si lamentano, si scontrano, ma non crescono.