Squadra che vince non si cambia, come sa bene il regista francese Robert Guédiguian che si avvale quasi sempre degli stessi interpreti che lo seguono ormai da anni, chi solo dagli ultimi anni chi dagli inizi (compresa la moglie, Ariane Astaride, protagonista di 20 dei suoi 21 film). Non fa eccezione Gloria Mundi, dramma familiare presentato in concorso a questa edizione della Mostra a soli due anni da La casa sul mareultima partecipazione del regista che vedeva gli stessi attori nei ruoli principali. Protagonista di Gloria Mundi è (come in diversi film di Guédiguian) una famiglia disfunzionale, di cui il regista ci racconterà le vicende immediatamente successive alla nascita di Gloria, figlia dell’autista di Uber Nicolas e della commessa Mathilda, coppia in difficoltà economiche che non può però contare sull’aiuto dei genitori di lei, ovvero il padre Daniel (Gérard Meylan) uscito di prigione da pochi giorni dopo diversi anni di carcere, e Sylvie (Astaride), risposatasi con l’autista di autobus Richard (Jean-Pierre Darroussin) e messa in difficoltà dall’inaspettato ritorno del suo primo marito, nonostante quest’ultimo decida di prendersi cura della piccola Gloria per permettere agli altri di lavorare. Non sono di certo d’aiuto la sorella Aurore e il suo compagno Bruno, proprietari di un fortunato banco dei pegni che non sembrano però intenzionati a dividerne i proventi con nessuno. Una serie di inaspettati risvolti drammatici e un inatteso gesto di generosità da parte di Daniel segneranno i primi giorni di vita della piccola Gloria.

Film decisamente più indovinato de La casa sul mareGloria Mundi non si limita a raccontare una tragica storia di tutti i giorni sperando di impietosire il pubblico, ma decide di affrontare in modo non banale un tema delicato come quello della sottile linea tra egoismo e necessità, con un susseguirsi di tradimenti, tiri mancini e richieste d’aiuto negate che lo spettatore non sa se condannare o comprendere. Magari il film non brillerà per particolari colpi di genio e virtuosismi né dal punto di vista tecnico né dal punto di vista narrativo, ma non è sicuramente un dramma fine a se stesso che gioca sul pianto facile, anzi. Il regista gioca con la simpatia del pubblico per quello o per questo personaggio, che prima sembra agire per necessità e due scene dopo per astio o per opportunismo, come alla fin fine facciamo un po’ tutti. A questa carrellata di comportamenti scorretti che fanno pensare a un totale scoraggiamento nei confronti del genere umano da parte del regista, viene contrapposta la figura della piccola Gloria, magari non nel più originale dei modi, ma rappresenta una speranza di redenzione per la famiglia protagonista del film.