Torna nei Cinema con Il Seme del Fico Sacro Mohammad Rasoulof, regista Orso d’Oro a Berlino per il capolavoro Il male non esiste (4 episodi o 4 storie, ambientate nell’Iran contemporaneo sul tema della pena di morte eseguita da civili o soldati in un regime teocratico e sul diritto al lavoro in un Paese dove c’è chi “ha scelto di sottostare alle regole imposte che quella di chi, invece, ha deciso di dire no a delle leggi ingiuste”.)

I titoli prima dell’inizio del film annunciano che è stato realizzato clandestinamente perché “quando non c’è modo, bisogna trovare un modo”.
Condannato per propaganda contro il regime in seguito alla proiezione di A Man of Integrity (vincitore del Premio Un Certain Regard alla 70a edizione del Festival di Cannes), nel 2020 è stato nuovamente condannato a un altro anno di carcere per aver diffuso propaganda antigovernativa per la sua bruciante accusa alla pena di morte ne Il Male non esiste, che ha vinto l’Orso d’oro a Berlino, Mohammad Rasoulof ha scritto e diretto in clandestinità questo nuovo film. Arrestato dopo l’annuncio della partecipazione del film al Festival di Cannes, ha scelto l’esilio per scampare a 8 anni di carcere, la fustigazione, una multa e la confisca dei beni per “collusione contro la sicurezza nazionale”.

Dopo un un viaggio a piedi durato 28 giorni ha scritto sul suo profilo instagram ““Se l’Iran geografico soffre sotto la tua tirannia religiosa, l’Iran culturale è vivo nella mente comune di milioni di iraniani che son stati costretti a lasciare l’Iran a causa della tua oppressione e barbarie e nessun potere può imporgli la sua volontà. Da oggi sono residente nell’Iran culturale. Una terra senza confini che milioni di iraniani hanno costruito con storia e cultura antica in ogni angolo del mondo. E aspettano impazientemente di seppellire te e la tua macchina dell’oppressione nelle tenebre della storia. Poi come la Fenice da quel terreno inizierà una nuova vita”.
Il suo arresto nel 2022 è coinciso con con l’inizio in Iran delle rivolte per Jinac –Donna, Vita, Libertà-.

Insieme ad altri prigionieri politici ha seguito i cambiamenti sociali da dentro il carcere.

Quando è stato rilasciato dal carcere, la domanda più importante era: su cosa fare un film? Ha deciso di partire da un episodio sconcertante: nel bel mezzo della repressione diffusa durante il movimento Jina, “una persona” stava visitando le celle dei prigionieri politici, lo prese da parte e disse che voleva impiccarsi davanti all’ingresso della prigione. Soffriva di un profondo rimorso di coscienza, ma non aveva il coraggio di liberarsi dall’odio che nutriva per il suo lavoro.

Durante le riprese di un progetto come questo, nulla rende il lavoro difficile quanto mantenere la sicurezza della troupe. La paura di essere identificati e arrestati getta un’ombra su tutto. Non è facile mettere insieme persone in grado di accettare i rischi di un’impresa così audace. Ci sono voluti diversi mesi per riunire gli attori e lo staff tecnico. Durante le riprese, a volte la paura di essere arrestati ha gettato un’ombra sul gruppo, ma, alla fine, il loro coraggio è stato la forza trainante che ci ha consentito di continuare a lavorare”.


L’ avvocato Iman (Missagh Zareh) è stato promosso a investigatore statale, ancora un gradino e sarà giudice a pieno titolo nella corte rivoluzionaria. Intanto il suo nuovo status gli dà diritto un aumento di stipendio e una sistemazione migliore per la sua famiglia: la moglie Najmeh (l’attivista Soheila Golestani) e due figlie la ventunenne Rezvan (Mahsa Rostami) e l’adolescente Sana (Setareh Maleki).
La promozione di Iman impone, tramite la madre, alle due figlie regole rigide, e amicizie selezionate. Quando una loro amica carissima, Sadaf (Niousha Akhshi), viene colpita al volto durante una protesta per la morte di Mahsa Amini, uccisa dalla polizia perché non indossava ma l’hijab, le due sorelle le prestano aiutano, ma la madre l’accompagna fuori da casa, perché il marito non la deve vedere. Ma il balzo di carriera di Iman fa riflettere l’uomo stesso, che è sconvolto nello scoprire che ci si aspetta che approvi automaticamente le sentenze di pena di morte senza leggere le prove. Gli viene detto che è spiato, come tutti, e che deve obbedire se non vuole ritorsioni. Iman e Najmeh ragionano che le leggi del paese sono le leggi di Dio e che non è sua responsabilità morale trasgredire le raccomandazioni dei procuratori. Inoltre, ciò che desiderano di più è sicurezza, stabilità e prosperità per la loro famiglia.
Le due figlie hanno invece sviluppate idee contrarie, opinioni proprie e femministe, recepiscono notizie dal mondo interno che c’è fuori dall’Iran. Alcuni dei momenti più brutali e angoscianti sono le immagini di repertorio, filmati reali ripresi dalle telecamere dei telefoni che mostrano le orribili percosse inflitte ai manifestanti e montati all’interno del film.
La madre si impunta come mai contro di loro dicendo alle figlie che stanno credendo alle bugie piantate dal nemico.

All’inizio dell’incarico viene consegnata ad Iman anche una pistola per proteggere sé stesso e la sua famiglia. Quando la pistola scompare tutto crolla. Ogni membro della famiglia diventa sospettoso si rivoltano l’uno contro l’altro. La casa inizia a sembrare una prigione a sé stante.
Come gli abusi di potere e la teocrazia rivolta con imposizioni meschine e maschili contro la popolazione femminile, portano a una rottura della fiducia tra lo Stato e la gente, soprattutto le donne nelle strade dell’Iran, così una dinamica analoga si verifica all’interno della famiglia.


Il dramma familiare, quasi un thriller, messo in scena è un’allegoria per rappresentare la dittatura che vive l’intero Paese. La tirannia e l’oppressione dovrebbero essere sepolte e relegate al passato, è l’unico modo secondo questa lunga opera di Rasoulof per andare avanti.
Il seme del fico sacro è inevitabilmente lungo perché deve prendersi il tuo tempo per portare lo spettatore all’interno di un contesto sociale complesso e delicato.
Il film è stato completato in post-produzione in Germania con il montaggio di Andrew Bird, che alterna il girato di Rasoulof alle vere immagini delle proteste per la morte di Mahsa Amini.
“L’attuale regime iraniano può rimanere al potere solo attraverso la violenza contro il suo stesso popolo – ha raccontato in una nota il regista – In questo senso, la pistola nel mio racconto è una metafora del potere in senso lato ma crea anche un’opportunità per i personaggi principali della storia di rivelare i propri segreti, segreti che emergono gradualmente, con risultati tragici”.

  • Data di uscita:2 0 febbraio 2025
  • Genere: Drammatico
  • Anno: 2024
  • Paese: Iran
  • Durata: 167 min
  • Produzione: Run Way Pictures, Parallel45
  • Distribuzione: Lucky Red con Bim Distribuzione