“Il tempo che ci vuole” di Francesca Comencini

Il tempo che ci vuole è il film dell’italiana Francesca Comencini presentato all’81. Mostra Internazionale di Arte Cinematografica di Venezia nella categoria Fuori concorso.

La regista mette in scena la relazione col padre, il noto Luigi Comencini, spogliandosi davanti allo spettatore. Partendo dalla prima infanzia ed arrivando all’età adulta vengono snocciolati quasi come fossero dei flash i momenti che più hanno marcato il loro rapporto: il set de Le avventure di Pinocchio, l’adolescenza segnata dal disagio della ragazza che l’ha portata ad abusare di sostanze stupefacenti, la nascita del figlio e il debutto alla regia.

Le parti più tenere sono indiscussamente le prime, quando la Comencini è all’inizio delle scuole: l’affetto sullo schermo è palpabile e la regista ha avuto l’abilità di rappresentare con eleganza la meraviglia e il caos che ai suoi occhi il mondo cinematografico era. Però i legame rose e fiori come può essere quello tra una bambina e il proprio padre viene bruscamente interrotto dall’adolescenza: che scoppi il conflitto in un momento delicato come quello della pubertà è un momento naturale della crescita, ma il senso di inadeguatezza e il non riuscire a trovare un posto nel mondo spingono la ragazza a tentare la fuga dalla realtà con gli stupefacenti. Sembra quasi che la conciliazione arrivi con la nascita del figlio Carlo, avuto in giovane età dalla Comencini, alla soglia dei 17 anni.

Viene saldata la frattura nel rapporto tra padre e figlia con la scoperta della comune passione del cinema come medium per scappare, questa volta per mezzo dell’immaginazione, dalla realtà, che, talvolta, può assumere le sembianze di un crudele despota.

Insomma, Il tempo che ci vuole è un inno di amore e di rispetto verso il padre. Mantenendo una narrazione sempre molto emotiva le scene hanno un che di irreale ed immaginario: sono quasi sempre presenti solo padre e figlia, escludendo qualsiasi altro soggetto.