A chiudere la seconda giornata di questa settima edizione del Ca’ Foscari Short Film Festival è stato il cortometraggio drammatico Jàma (The Pit), film di guerra per la regia del filmmaker ceco esordiente Filip Kilian.
Sul finire della Seconda guerra mondiale, in un buio e fitto bosco dell’Europa centrale, un medico polacco in forze all’esercito statunitense si imbatte in un giovanissimo soldato tedesco. Entrambi feriti, i due militari si trovano costretti a passare la notte assieme in una fossa, dove si troveranno a parlare delle vicende che hanno portato entrambi ad arruolarsi e scopriranno di essere più simili di quanto pensassero.
La sinossi non è certo delle più originali, soprattutto se ci si aggiunge il fatto che i dialoghi sono radi, scarni e piuttosto scontati. Il giovanissimo regista ceco però dimostra una certa abilità nel restituire l’angoscia di una scena ambientata in un luogo così precario e così vicino alla morte, sia tramite la regia che per mezzo di una fotografia (firmata dallo stesso Kilian) che con un bianco e nero malinconico comunica tutta la tristezza del dramma di una guerra inutile, ovvero il dramma dei protagonisti.
Anche in questo caso si tratta di un esercizio di stile (riuscito, va detto) per un autore alla sua opera prima, che preferisce prendere un sentiero già tracciato, attraverso una trama non troppo originale e una serie di tòpos sia narrativi che stilistici, per mettere in gioco tutte le sue doti di filmmaker. Il corto, che dura poco meno di mezz’ora (27’58”) affronta il tema del paradosso della guerra in modo forse un po’ banale ma sicuramente chiaro e asciutto.